martedì 3 agosto 2010

21/07/2010
- DEEP PURPLE live @ Stadio delle Azalee -
Gallarate (VA)


..I'm a Highway Star!! Quale miglior inizio per tornare a vedere live i Deep Purple?!? Mark VIII, sì lo sappiamo tutti, mancano Ritchie Blackmore e Jon Lord... E allora? Godiamoci il concerto ed evitiamo di fare elucubrazioni su ciò che poteva essere, ma non è.

È piacevole innanzitutto notare famiglie intere entrare nel campo sportivo di Gallarate quasi che quello che andremo ad assistere sia un happening alla portata di tutti. Obiettivamente però non c'è moltissima gente durante la mezz'ora concessa al buon Pino Scotto x scaldare il pubblico. Sempre sugli scudi Steve Volta alla chitarra e compatta la sezione ritmica per un set che ricalca, seppur condensato, le performance dell'attuale tour dell'ex Vanadium.

Il campo verde non si riempirà tuttavia neanche alle 21:30 quando, come si diceva in apertura, Highway Star ci introduce nel mondo porpora, ma non siamo a vedere né Vasco Rossi né Ligabue e dunque 3000-4000 persone circa sono comunque un buon risultato per una touring band leggendaria che lascia ben poco spazio a mosse commerciali discutibili.

In prima linea, da sinistra a destra, il bandanato Roger Glover, Ian Gillan, sempre più magro e con gli occhiali da sole inforcati per tutto il live, e un serafico e pacioso Steve Morse; appena dietro Ian Paice, metronomo instancabile, e Don Airey, ormai all'ottavo anno di servizio con loro. La scaletta pescherà a piene mani da MACHINE HEAD, A.D.1972, ma è la spumeggiante Things I Never Said, b-side "classe 2005", che fa il paio con Strange Kind Of Woman a scaldare il pubblico. Vero: magari Gillan non raggiungerà più le note di una volta, ma è autore di una soddisfacente prova vocale e l'intesa con Morse è ottima.

Ancora un brano da RAPTURE OF THE DEEP: è l'omonima title track che in sede live questa volta ha il pregio di tener vivo il parterre prima che lo stesso venga incendiato da una scoppiettante Fireball. Ian Paice e Roger Glover sono l'autentico motore del pezzo, il bassista ha sempre un sorriso per il pubblico, mentre Gillan ancora una volta fa valere la sue doti canore prima di cedere il passo a Steve Morse. Il chitarrista "ruba" la scena con la sua Contact Lost dilatata fino a quando le note dell'hammond di Don Airey introducono uno dei pezzi favoriti di Ian Gillan, quella When A Blind Man Cries che non trovò posto nell'edizione in vinile di MACHINE HEAD e finì relegata addirittura a b-side della sfortunata Never Before, primo singolo dell'album. Ormai classico quasi irrinunciabile da quando Blackmore abbandonò nel 1994 il profondo porpora, finisce a sua volta riveduta e portata a più del doppio della durata originaria anche oggi sfumando nell'altro strumentale di Morse, The Well Dressed Guitar.

A sorpresa Knocking At Your Back Door fa la sua comparsa nella tracklist di Gallarate: la tonalità è più bassa rispetto all'originale in studio, quel PERFECT STRANGERS che rilanciò gli allora riformati Deep Purple nel lontano 1984, ma la grandeur del pezzo viene sottolineata una volta ancora dalle tastiere di Airey. Senza perder tempo si passa a Lazy: qui Gillan tendenzialmente si diverte a suonare il tamburello e a far riposare un pò le corde vocali mentre i suoi compagni paiono quasi jammare on stage grazie anche alla confacente struttura aperta del brano. No One Came scuote il pubblico che continua a scattare foto e a riprendere con videocamere, ma è la sontuosa Perfect Strangers a meritarsi la palma di miglior performance della serata. La maestosità del pezzo è indiscutibile: boato alle prime note di Airey, illuminato fin lì da un occhio di bue, luce verde alle sue spalle ed entrata sul palco di tutti gli altri. Glover "spara" il suo basso verso il pubblico, con buona pace di Steve Harris, e Morse ancora una volta non si fa trovare fuori posto in oltre 7 minuti di canzone: esplosivi!

Niente soste: arriva lo Space Truckin' e tutti saltano a bordo del diretto che lanciato a forte velocità ci porta fino al capolinea: Smoke On The Water is on the line!! Cos'altro si può dire che non sia già stato detto in tutti questi anni del brano simbolo dei Deep Purple??? Questo è IL riff hard-rock per eccellenza. Punto.
E qui andiamo in pausa.

I bis si aprono con un accenno a Louie Louie per poi cedere il passo alla scanzonata Hush e alla conclusiva e richiestissima Black Night, supportata da cori da stadio veri e propri e con i musicisti sul palco a godere di questo feeling mai smarrito con la gente durante le quasi due ore di concerto. Poi sono solo applausi e sorrisi, con Glover e Morse intenti a lanciare un pò ovunque i rispettivi plettri e gli altri a ringraziare i fan per il loro amore incondizionato dopo oltre 40 anni di carriera. Insomma c'è soddisfazione per tutti: anche questa volta le chiacchiere stanno a zero.

Andrea Barbaglia '10

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