sabato 27 novembre 2010

THEATRE OF DEATH: LIVE AT HAMMERSMITH 2009
Alice Cooper
- UNIVERSAL - 2010

La fresca calata sold-out di una settimana fa all'Alcatraz di Milano, dopo la riuscita tappa estiva in quel di Maiano, è l'ottimo pretesto per parlare di questo cd+dvd uscito a fine ottobre e immortalante l'attuale performance del carrozzone grand guignolesco che Mr.Cooper sta portando in tutto il mondo da più di un anno a questa parte. Registrato presso lo storico Hammersmith di Londra, il live è la perfetta miscela di pezzi nuovi (Vengeance Is Mine), piacevoli sorprese (Nurse Rozetta), grandi classici (I'm Eighteen, Welcome To My Nightmare, Poison), tutti funzionali allo spettacolo che va in scena: le morti di Alice Cooper! Sì, questa volta la trama partorita dallo stesso Vincent Fournier con la complicità di Rob Roth e Shep Gordon prevede che Alice Cooper muoia più volte sul palco per poi risorgere nuovamente dalle sue stesse ceneri e compiere altri crimini. Alcuni brani del cd sono purtroppo leggermente editati per esigenze tecniche, in modo tale da condensare la performance audio su di un solo disco, dunque il consiglio è di focalizzare l'attenzione sul dvd per godere non solo visivamente, ma anche musicalmente lo show nella sua interezza.
A far scatenare fin da subito il pubblico accorso a Londra è l'immortale School's Out seguita a ruota da Department Of Youth durante la quale iniziano le prime scaramucce con un dinamitardo inserviente successivamente "immolato" mentre viene eseguita Wicked Young Man e dopo che Damon Johnson e Keri Kelli si erano resi protagonisti del primo duello chitarristico della serata nella già citata I'm Eighteen. Imprigionato in una camicia di forza, sulle note della Ballad Of Dwight Fry Alice viene ghigliottinato senza alcuna remora, ma da quello stesso strumento di morte eccolo riapparire, re-cooperare la sua testa mozzata e, maracas alla mano, raccontarci di essere stato all'inferno con Go To Hell fino a proclamarsi Guilty. Tuoni e fulmini in sottofondo, rintocchi funesti: Welcome To My Nightmare porta in scena una danza macabra alla quale Alice si ribella, rapendo e maltrattando fino a renderla cadavere la Cold Ethyl di turno.
Quale la punizione per questo efferato delitto? Il letale Poison dell'omonima canzone, accolta dal pubblico col solito boato, e iniettato con una gigantesca siringa direttamente nello stomaco del malcapitato; ma il "mostro" è inarrestabile ed eccolo tornare alla carica, a tutta prima apparentemente redento in The Awakening, in realtà ancora vinto dai propri demoni interiori portati in scena nell'alcolica From The Inside, nuovo spot per i due axemen presenti in scena. Nurse Rozetta è preda del maniaco psicopatico del Renfield Nelson Asylum (R.I.P.) che ancora in stato confusionale non esita però a strangolare la poveretta durante il siparietto hot di Be My Lover e dopo aver tentato di far altrettanto con Keri Kelly in Is It My Body. Eppure Alice col corpo dell'amata ancora sulle gambe pare dedicarle la toccante ballad Only Women Bleed, qui in medley con I Never Cry, ma la pena capitale è comunque dietro l'angolo e questa volta il criminale viene mandato al patibolo.
Occultato dietro le quinte il "cadavere" dell'impiccato, la scena passa in mano alla band che durante la strumentale Black Widow ha modo di mettere nuovamente in luce la bravura di Johnson e Kelli così come il figliuol prodigo Jimmy DeGrasso alla batteria e l'ottimo Chuck Garric, protagonista di una prova strepitosa col suo basso lungo tutto il live. Ma non è ancora finita: Vengeance Is Mine! Così ci ammonisce dall'alto di un pulpito il redivivo e mortifero Spider-Cooper che col solo tocco delle mani fa secchi due boia, ormai nient'altro che Devil's Food. E non bastano le collane di diamanti grezzi di una Dirty Diamonds al cardiopalma o le banconote dell'ottima Billion Dollar Babie$ gettate in pasto al pubblico a salvare il Killer che armato di uno spadone viene comunque imprigionato in una sorte di vergine di ferro ed infilzato senza pietà dall'affascinante Tiffany Love mentre la band esegue la classica I Love The Dead con Garric voce solista.
Il riff di No More Mr.Nice Guy è inconfondibile e rigenerante, per cui ecco ricomparire once again in scena uno smagliante Alice Cooper che sulla esaltante Under My Wheels dà spettacolo anche durante la presentazione dei suoi compagni di palco con verve e capacità di intrattenimento da attore consumato. È finita? Neanche per idea!?! La campanella suona ancora e..it's party time in London con Uncle Alice e il bis di School's Out!! Aveva ragione l'avviso di presentazione dello show: they keep killing him...and he keeps coming back!

n.b.: il seguente post è visibile pure a questo indirizzo:
n.b.. you can also find a link to this post here:
http://www.sickthingsuk.co.uk/

giovedì 25 novembre 2010

24-11-10
- NOMADI live @ Auditorium RadioItalia -
Cologno Monzese (MI)

È complicata arrivare negli studi di RadioItalia quando si avvicina l'inverno: il traffico sulla rete autostradale si fa intenso e qualche imprevisto per raggiungere la location dove ho appuntamento con persone molto care si materializza. Non appena varcata la soglia dell'edificio la tensione accumulata si scioglie però velocemente: molti i volti noti già seduti su divani e poltrone messe a disposizione dell'organizzazione, ma ovviamente la concentrazione è massima quando davanti a noi si materializzano Beppe Carletti e Danilo Sacco intervistati dalla sempre precisa Paola Gallo.
Oggi si presenta il nuovo cd pubblicato da poche settimane, quel RACCONTIRACCOLTI che omaggia una decina di cantautori e interpreti della musica italiana, partendo dall'immancabile Francesco Guccini per arrivare alla sorpresa Massimo Ranieri. Il totoscommesse impazza per sapere quali saranno i brani interpretati nell'ora di spettacolo a cui assisteranno il centinaio scarso di persone presenti che la struttura può ospitare. Dopo le foto di rito a conclusione dell'intervista, si parte.

Purtroppo l'attacco de La Dimensione, ariosa canzone del precedente ALLO SPECCHIO, non è dei migliori visto il microfono ancora chiuso di Danilo che tuttavia continua a cantare imperterrito, sicuro della professionalità dei tecnici in studio affiancati per l'occasione dallo storico Atos Travaglini. È subito tempo di omaggio,"a un grande, al grande Edo": la sempre attuale L'Isola Che Non C'è è la prescelta per scaldare il pubblico che già è partecipe e tiene il tempo con le mani nella successiva Lo Specchio Ti Riflette, brano "richiamato" dai cori dei presenti per essere ripreso almeno una volta dopo la canonica chiusura. La tastiera di Carletti e il violino di Sergio Reggioli, oggi per la verità spesso all'acustica, acconsentono e Danilo sa come esaudire la richiesta formulata. La voce dell'amico "speciale" Zucchero fa capolino sulla base registrata nel finale de Hey Man, brano scritto nel lontano 1987 dal musicista di Roncocesi a quattro mani con Gino Paoli e scelto oggi dai Nomadi per promuovere il loro cd in qualità di primo singolo. Buona la prestazione di Cico Falzone nei riff e nelle inserzioni di chitarra che lo costellano. Che poi sia sempre difficile per una band con quasi cinquant'anni di carriera alle spalle scegliere all'interno del vasto repertorio le canzoni da proporre in un breve showcase come quello odierno è comprensibile, ma con Io Voglio Vivere si va sempre sul sicuro!

Tutti si alzano in piedi e tra canti a squarciagola, applausi e salti, partecipano attivi alla sua realizzazione (vero, rispetto ad un live classico mancano i coriandoli...per fortuna!?!) incitati dallo stesso Sacco che, ricordandoci di come vox populi sia vox Dei, non ha difficoltà a riprendere due volte la canzone concludendola davvero bello carico e supportato dall'ottima band che su brani rodati come questo gira davvero a mille, con o senza pilota automatico. Ma ci sono tempi televisivi e radiofonici da rispettare perciò mettiamo da parte la voglia di riprenderla una terza volta e ci troviamo in pochi istanti a cantare l'altrettanto nota Dove Si Va, con ancora Falzone impegnato a tener calda la sua chitarra. La chicca della serata è comunque Due Re Senza Corona, fantastico brano inspiegabilmente tenuto fuori dalla tracklist di ALLO SPECCHIO per questioni, sbagliate dico io, di marketing e inserita solo ora nell'ultimo cd dopo un primo ripescaggio sulla piattaforma di iTunes. Aggressivo il basso di Massimo Vecchi, infernale il violino di Reggioli, a Cico, Beppe e Daniele Campani non resta altro che corroborare il tutto amalgamandosi alla possente voce di Sacco: grandi!!

A un quarto d'ora dalla fine ancora un sussulto: Stranamore (Pure Questo È Amore) del professore Roberto Vecchioni è eseguita magnificamente, con ancora un Danilo Sacco gran mattatore, perfettamente calato nel testo scritto dal loro amico milanese. Eppure the best has yet to come: Vent'Anni è l'apoteosi delle qualità del vocalist, protagonista di un acuto me-mo-ra-bi-le, con buona pace dei gufi a piede libero sparsi qua e là. Giù il cappello e tutti in piedi per render omaggio a quanti sono sul palco stringendosi in un unico abbraccio sulla conclusiva Io Vagabondo. Lunga vita e prosperità a tutti.

Andrea Barbaglia '10

mercoledì 24 novembre 2010

BLOWBACK
Tricky
- ANTI- - 2001

Un soffio di vita nuova anima il sesto album in studio del signor Adrian Thaws, in arte Tricky. Mai espressosi su toni così solari come ora, l'ex partner dei Massive Attack realizza un inaspettato quanto fortunato disco in cui il trip hop che l'ha reso celebre negli anni passati si contamina a più livelli aprendosi davanti nuovi scenari fino ad ora poco o addirittura mai esplorati. Se di album pop o rock tout court non possiamo chiaramente parlare, già l'introduttiva Excess permette però ad Alanis Morrisette di ritagliarsi un'importante e chiara fetta di visibilità assieme alla vocalist Stephany McKay, mentre l'ipnotico singolo Evolution Revolution Love calza decisamente a pennello per il confortevole timbro vocale di Ed Kowalczyk, frontman dei Live e protagonista assoluto insieme all'oscura voce di Tricky e a quella afro di Garrison "Hawkman" Hawk. Girls è talmente redhotchilipeppersiana che non avrebbe sfigurato su alcun album della band losangelina, qui rappresentata dall'accoppiata Kiedis-Frusciante, come pure lo pseudo rifacimento in chiave funk rock della sigla di Wonder Woman (#1 Da Woman) in cui il chitarrista, accanto all'altro suo compagno Flea e al collega Josh Klinghoffer, è protagonista di ottimi interventi vocali mentre il pezzo scorre caldo e ammiccante. Mark Gemini Thwaite ha il compito di rifinire coi suoi riff sia la cover liquida e trip hop di una Something In The Way quasi irriconoscibile sia l'arrabbiata Bury The Evidence. In You Don't Wanna è presente un sampler di Sweet Dreams (Are Made Of This) mentre la cantante R&B Ambersunshower ruba completamente la scena. Cyndi Lauper appare in Five Days come interprete di sempre affidabile bravura e in qualità di navigata autrice; il brano tuttavia più sorprendente resta a nostro avviso la raffinata e notturna A Song For Yukiko in cui le misteriose liriche della giapponese Yukiko Takahashi si intersecano a quelle di Tricky. Forse che sia il suo album più accessibile? Sicuramente un azzardo (calcolato) che merita attenzione.

lunedì 22 novembre 2010

CATTIVE ABITUDINI
Massimo Volume
- LA TEMPESTA - 2010

A volte ritornano. O forse, forse non se ne sono mai andate via completamente. Le parole, quelle parole sedimentate in tutti noi che abbiamo nelle nostre discoteche LUNGO I BORDI , DA QUI e CLUB PRIVÉ e in quanti, i più fortunati, hanno avuto l'accortezza e la lungimiranza di tenersi stretto fin dalla prima ora STANZE; ebbene, le parole non si sono mai totalmente esaurite in questi anni di apparente silenzio discografico dei Nostri. Come suonano dunque Emidio, Egle e Vittoria alla fine del primo decennio del nuovo millennio? Ancora a volume massimo, senza dubbio alcuno. E scelgono di omaggiare il mentore Fausto Rossi in Fausto, appassionato sfogo sonico, affilato come le chitarre dell'insostituibile Sommacal e della new entry Stefano Pilia che lo sorreggono, mentre l'incedere di Robert Lowell, con la sua narrazione autobiografica, prende a nume tutelare lo stesso padre della poesia confessionale americana. Equilibrio è la parola che meglio descrive questo nuovo capitolo della band. Equilibrio sonoro e testuale. Con molteplici dettagli e un'urgenza d'esserci, hic et nunc, forse mai così accentuata e sentita da queste parti. Via Vasco De Gama, che non sfigurerebbe in un disco de Il Teatro Degli Orrori, La Bellezza Violata con il sorriso che sapeva di terra bagnata, Le Nostre Ore Contate e le cattive abitudini quasi sempre appagate, sono lì a dimostrarlo. Litio poi è una corsa contro il tempo in cui il susseguirsi delle storie raccontate si pareggia con la quadratura macina-riff della musica in questi giorni inquieti. Mi Piacerebbe Ogni Tanto Averti Qui una richiesta intima e una riflessione dilatata, tanto immanente quanto senza tempo. Chissà cosa succederà a ciascuno di noi quando verrà esaudita. Ora godiamoci quanto il nostro futuro ormai passato ci ha concesso senza aver fretta di andarcene. Al resto penseremo poi, passeggiando assorti nei nostri ragionamenti per le strade di Coney Island.
BKO
Dirtmusic
- Glitterhouse Records - 2010

BKO è comunemente l'abbreviazione internazionale indicante il Bamako-Sénou International Airport ubicato nella capitale del Mali. Da qualche tempo è divenuto il titolo del secondo album di un duo di musicisti provenienti dagli Stati Uniti, il leader dei The Walkabouts Chris Eckman e l'ottimo musicista Christopher Brokaw, realizzato in collaborazione con l'australiano, ma in realtà cittadino del mondo, Hugo Race e registrato proprio a Bamako. L'entrata in contatto dei Dirtmusic, questo il nome del sodalizio, con una giovane blues-rock band di Tuareg chiamata Tamikrest ha permesso la nascita di una nuova esperienza musicale basata su un sentire comune proprio di realtà, a tutta prima, lontane e agli antipodi. Sorprendente è infatti la resa sonora di questo lavoro in studio, secondo per i soli Dirtmusic, a partire da un classico metropolitano di fine anni '60 come la velvetiana All Tomorrow's Parties, qui attualissima nella sua veste orientale tessuta dall'allargato ensemble di med-rock. Inglese, francese e tamashek, lingua dei musicisti berberi, si fondono in un unico linguaggio universale e vivo, comprensibilissimo per chiunque, grazie all'ottimo lavoro di songwriting che vede i propri picchi in brani quali la sinuosa Black Gravity, perfetta sintesi di sinergia tra Dirtmusic e Tamikrest, la tribale e ritmatissima Unknowable e nello strumentale Niger Sundown. La sognante e percussiva Collisions, pur essendo un brano tutto suonato dal trio Eckman-Brokaw-Race, assume toni onirici grazie all'intervento di Aghaly Ag Mohamadine allo djambé mentre l'altrettanto riuscitissima Desert Wind vede l'accompagnamento vocale di una sorprendente ed evocativa Fadimata Walett Oumar, ottima amalgama per la voce di uno Hugo Race in stato di grazia.
Preziosissimo e complementare è infine il meraviglioso dvd allegato nel packaging che, oltre a condurci tra tende, sabbia, dune, dromedari e studi di registrazione per raccontarci genesi e sviluppo dell'album, ci regala altre quattro gemme grezze (If We Run.., Ain't No Grave, Bogolon Blue e la cover di Reverend Gary Davis The Angel's Message To Me già precedentemente affrontata da Brokaw in duo con Geoff Farina)direttamente dal deserto per quello che è uno spaccato di vita reale, senza alcun tipo di mediazione o filtro promozionale. Lasciatevi stupire, cari Imidiwan.

martedì 16 novembre 2010

04-11-10
- TIROMANCINO live @ Auditorium RadioItalia -
Cologno Monzese (MI)

Una delle primissime uscite per la presentazione live de L'ESSENZIALE passa in quel di Cologno Monzese per la registrazione di una puntata di RadioItaliaLive. La serata e il clima decisamente piovoso poco invitano a mettersi per strada, ma l'arrivo nello studio di registrazione, ormai trasformato in un caldo e accogliente salotto, è estremamente confortevole e ci catapulterà di lì a poco all'interno di una intimistica performance, perfetta come warm up prima del tour vero e proprio del prossimo anno. Insomma, ci troviamo ad assistere ad una anteprima fin qui unica. Accompagnato dal solo Stefano Cenci alle tastiere Federico Zampaglione entra in scena rilassato e sereno, accolto dal composto applauso dei fans giunti per ascoltare live per la prima volta i brani del nuovo lavoro, più una manciata di classici. Federico scalpita, è ansioso di salir sul palco, prendere la chitarra e dare il via allo showcase; ma si dia spazio prima all'intervista introduttiva, poi alle foto di rito con la "maestra di cerimonie" Paola Gallo e con il campione di box, nonché fresco detentore del titolo mondiale nella categoria pesi leggeri 60 kg, Domenico Valentino. Espletate le piacevoli formalità di cui sopra ecco finalmente iniziare la parola cantata. È la califfiana Un Tempo Piccolo ad aprire la serata, omaggio fortemente voluto e sentito dal cantautore romano e portato a compimento in un periodo non facile per il maestro di Tripoli. Questo almeno stando ai giornali di cronaca italiani. La bellezza del primo brano proposto fa subito il paio con un estratto da ILLUSIONI PARALLELE: Imparare Dal Vento, così spoglia ed essenziale, permette a Federico di lanciarsi a metà in un breve assolo di chitarra supportato dall'evocativo e sognante suono vintage delle tastiere di Cenci, a onor del vero, preziosissimo collaboratore per tutta questa sera.

Dedicata al sentimento di libertà che è in ognuno di noi è la nuova Se Tutte Le Avventure. Fa un certo effetto ascoltarla live per la prima volta così, priva di batteria e di tutti quei sintetizzatori, il Prophet 5 in particolar modo suonato da Andrea Moscianese, che ne arricchiscono la versione presente sul cd, ma se la bellezza si misurasse in chili oggi non ne andrebbe persa neanche un grammo e gli applausi che l'accolgono prima ancora che termini sono tutti lì a testimoniarlo. Il cosiddetto "contributo ritmico" richiesto da Zampaglione al pubblico in sala non si fa attendere per il secondo inedito dal vivo della serata che risponde al nome di La Strada Da Prendere. Il pezzo scorre via liscio, senza grossi scossoni per la verità, forse anche per via di un rimando alla ben più nota Amore Impossibile che, guarda caso, viene eseguita immediatamente dopo. I ritmi in levare di entrambi i pezzi sono pressoché similari e la differenza la fa i cori del pubblico che ovviamente canticchia la seconda mentre si limita ad ascoltare con attenzione la prima.
Altra novità in arrivo. È un amore che se ne va il tema trattato in Quanto Ancora, a detta di Federico il pezzo più struggente scritto e conseguentemente eseguito stasera. Anche in questo caso vale l'effetto sorpresa provato con Se Tutte Le Avventure: l'acustica e il piano qua accarezzano la voce del cantautore romano laddove su disco gli strati di chitarre elettriche ed effettate unite a batteria, tastiere e sintetizzatori di diversa natura rendono il tutto decisamente più sofferto e solenne. L'Essenziale è già ben conosciuta dagli ascoltatori in sala e non faticherà a far breccia anche nel tour del prossimo anno. Breve divagazione tra i tasti bianchi e neri di Cenci poi le note introduttive di Per Me È Importante suscitano all'istante un meritatissimo applauso che verrà bissato a metà esecuzione e triplicato a conclusione del manifesto musicale zampaglionesco.

Che dire? È semplicemente un classico della Musica da quasi dieci anni a questa parte, a ragione, e tanto basta. Riff di chitarra in crescendo: ormai inconfondibile, La Descrizione Di Un Attimo è, per ovvi motivi, il brano che in questa versione minimale per RadioItalia risulta più simile all'originale e sigilla a suo modo la chiusura della prima parte del programma.
È tuttavia subito tempo di bis. Mentre così arrangiata la nuova e romantica Esiste Un Posto procede sul solco tracciato dalle precedenti canzoni inedite e si segnala per un altro breve solo di Zampaglione presente pure su cd, Due Destini è la degna chiusura di uno spettacolo molto intimo e raccolto che non faticheremmo ad immaginare perfetto se portato nel corso del 2011 in una location come quella teatrale, ben più adatta degli, acusticamente parlando, inadeguati palazzetti dello sport. Ciò che colpisce di più è la malleabilità di molti pezzi proposti che assumono ogni volta sfumature differenti a seconda dell'arrangiamento prescelto ed eseguito.
Non credete ad una sola parola letta fin qua? Beh, sintonizzatevi allora la sera del 23 dicembre su RadioItalia oppure quella del 24 direttamente su VideoItalia: toccherete anche voi con mano e vi farete un regalo di Natale, come direbbe l'amico Cavina, non buono, ma ottimo!
Andrea Barbaglia '10

domenica 14 novembre 2010

13-11-2010
- DER MAURER + XABIER IRIONDO live @ SOUND METAK -
Milano (MI)

L'occasione è ghiotta: Enrico Gabrielli, Xabier Iriondo e
Matteo Pennese live, tutti insieme appassionatamente per una data speciale al Sound Metak, il negozio di strumenti musicali sperimentali e d'avanguardia aperto nel 2005 e gestito da Xabier Iriondo qualche tempo dopo la sua fuoriuscita dagli Afterhours, a cavallo dell'immediata sua avventura in decine di progetti estremi e minimali.
Quella di questa sera è una delle ultime performance musicali tenute in questa piccola e vivace sede creativa così decidiamo che, muniti di tanta buona pazienza per ovviare al traffico milanese, e carichi di controllato entusiasmo perché l'esibizione di questi tre manipolatori sonori val bene il proverbiale prezzo del biglietto (che addirittura non c'è!?), Piazzale Segrino sarà la nostra meta. Parcheggiamo nelle vicinanze, ci fiondiamo nel negozio e dopo una rapida occhiata a dischi e strumenti musicali prendiamo posizione per assistere alla performance.

Il primo ad apparire in scena con abiti adeguati è Der Maurer Gabrielli che spiega cosa ascolteremo questa sera. Noi reduci da Siena sappiamo già a cosa andremo incontro, ma per la maggioranza dei presenti un'introduzione è quantomeno doverosa. Premesso che nessuna velleità massonica ha a che fare col progetto, Enrico ci racconta di come sia stato naturale scegliere lo pseudonimo Der Maurer considerandolo innanzitutto un tributo al mestiere di muratore svolto da suo padre e suo nonno, e, seconda di poi, perfetta spiegazione del suo stesso progetto discografico, quel DER MAURER VOL.1 in cui le sovraincisioni usate per realizzare gli stratificati pezzi d'Avanguardia presenti altro non sono che i mattoni stessi del disco.

Si parte con un brano di Igor' Stravinskij del 1923 e intitolato Tre Pezzi Per Clarinetto Solo, composto, sempre per restare in ambito di arte e pittura, da tre piccole miniature corrispondenti ai tre diversi registri che lo strumento esprime, facendo emergere la vena nostalgica dei toni gravi nel primo pezzo, l'inesausta tensione ritmica degli acuti nel secondo e le arditezze melodiche del terzo.

Il balzo temporale in avanti ci porta in America a metà degli anni '80, nel 1985 per la precisione, e ci introduce attraverso le parole di Enrico la figura di Steve Reich, fondamentale compositore newyorkese di origine ebrea. I dieci minuti e più della sua New York Counterpoint, composizione scritta per undici clarinetti di cui dieci sovraincisi precedentemente, sono il brano per antonomasia rispetto all'idea iniziale di Gabrielli e noi, inconsapevoli discepoli di John Cage per cui se un brano non ti interessa dopo quattro minuti è opportuno ascoltarlo per otto, sedici, trentadue e così via fino a quando il brano non interesserà davvero, abbiamo fatto l'orecchio nei mesi estivi proprio su questo pezzo minimalista per cui, seppur nella sua complessità, ci sembra di ascoltare il "singolone" di un cd in vetta alle classifiche internazionali.

Anche il terzo brano proposto è qualcosa per noi di già ascoltato, e in parte metabolizzato, nel live toscano. Sempre di Reich viene infatti eseguito Clapping Music, quattro minuti in cui Gabrielli non utilizza alcuno strumento al di fuori del battito delle proprie mani, introdotto dalla voce del seminale Cage che ci ricorda la sua teoria sull'ascolto ("..in Zen they say if something is foreign after 2 minutes try it for 4. If it's still boring try it for 8,16,32 and so on"). A questo punto Enrico, con il suono percussivo delle mani, comincia a doppiare e ad ampliare lo spettro acustico prodotto dai suoi stessi arti superiori, precedentemente sovrainciso e registrato al computer. Una performance simile, senza l'uso del pc, aveva visto a suo tempo protagonisti lo stesso musicista toscano coadiuvato dagli Afterhours al gran completo nell'ultima data del loro tour estivo con tanto di prova generale pomeridiana. Il pubblico, in religioso silenzio lungo tutta l'esecuzione, si scioglie poi nel meritato applauso al termine di questa primo live di giornata.

Un rapidissimo cambio di posto, visto che il set è già allestito, ed è il turno del co-headliner della serata. Xabier Iriondo prende posizione su uno sgabellino e inizia ad armeggiare al suo mahai metak mentre Matteo Pennese, accomodandosi dietro ad un portatile, imbocca la cornetta con cui si appresta a colorare l'Improvvisazione che scaturirà dall'alchimia con Gabrielli, di nuovo al centro della scena con il suo clarinetto.

Il la vien dato dai live electronics azionati da Pennese, con Iriondo che asseconda i suoni elaborati dall'Apple e le prime inserzioni provenienti dallo strumento a fiato del compositore veronese. È musica d'atmosfera, quasi ambient-rumorista se mi è concesso il termine, quella che si diffonde nello spazio intorno e gli stessi suoni di clacson, le stesse voci dei passanti, i rumori delle saracinesche abbassate provenienti dalla piazza adiacente, seppur occasionali, paiono susseguirsi secondo trame prestabilite. Gli occhi iniziano successivamente a posarsi sulle mani del "padrone di casa" che inizia ad armeggiare tra archetti di violino, bastoncini, spugne, corde e biglie per ottenere impensabili suoni da inusuali oggetti.

Nella composizione sonora interviene anche Gabrielli con misurati filler di clarinetto, ma è sempre il mahai metak a indirizzare tutta la nostra attenzione: i suoni ora grevi, ora nebulosi, ora inquietanti che quest'oggetto di legno ed elettronica produce ci lascia a volte interdetti e spesso sospesi, in attesa di quelli successivi. Con tempi assolutamente dilatati per gli anni frenetici in cui viviamo, il semplice scorrere di alcune biglie sulle corde dello strumento risulta ipnotizzante, mentre i suoni e le vibrazioni tonanti prodotti dallo stesso attraverso quel che pare somigliare ad un comune batticarne (!!) sembrano annunciare la furia di Zeus o di qualche altra divinità greco-latina. Ci sono la pioggia, il vento, la bufera. Tutto si concentra poi si sviluppa. Tutto nasce e un istante dopo già muore. Poi rinasce. E svanisce di nuovo. Per tornare. E scomparire ancora. Così, all'infinito. Nel vuoto.

Altrove si sarebbe parlato di catarsi; qua si parla di rivelazione.

Andrea Barbaglia '10

n.b.: il seguente post è visibile pure a questi indirizzi:
http://www.facebook.com/trovarobatofan#!/trovarobatofan?v=wall http://www.facebook.com/enricogabriellifans

THE UNION
Elton John/Leon Russell
- MERCURY RECORDS - 2010

Alla luce dei ripetuti ascolti di questo lavoro non ci sono dubbi: Elton John aveva bisogno di Leon Russell, Leon Russell necessitava di Elton John. Il primo, per dare un taglio definitivo a quelle sonorità pompate, troppo manieristiche e sbiadite che tanti scivoloni gli costarono specialmente negli anni '80 e per buona parte del repertorio degli anni '90. Il secondo, per tornare sotto i riflettori mondiali con un inatteso e sorprendentemente riuscito comeback dopo aver impreziosito decine di album e tour storici di giganti del rock. Non è un segreto che Russell fu per Sir Elton punto di riferimento agli inizi della carriera, lui quasi esordiente, l'altro stella indiscussa grazie all'exploit di CARNEY. La narrazione della genesi riguardante la nascita del disco e soprattutto l'ammirazione sincera tra i due traspare nel racconto scritto di proprio pugno dal musicista inglese e presente nel booklet che accompagna l'uscita discografica duettistica forse meno attesa, ma, a ragion veduta, più riuscita di quest'anno. Perciò non mi dilungherò oltre. Le note di pianoforte dell'autobiografica If It Wasn't For Bad descrivono immediatamente ciò verso cui andremo incontro: suoni scarni, ma raffinati, classici eppure attuali, conditi da somma classe. Russell la fa da padrone non solo nei brani propri, ma pure in quelli scritti dalla premiata ditta John-Taupin, come nell'r&b di Monkey Suit o nella sfida pianistica di Hey Ahab (e provate a star fermi se ci riuscite?!). Notevoli infatti sono gli incroci di pianoforti gestiti in cabina di regia dall'imprescindibile T Bone Burnett, ormai vero re Mida in fatto di collaborazioni impossibili. Il Crocodile Man recupera tutto il suo smalto anche nei momenti "minori" come nel country di A Dream Come True o in quelli più alti, leggasi ad esempio When Love Is Dying in cui compare Brian Wilson in veste di corista extralusso. La maestosa I Should Have Sent Roses e il crescendo black di There's No Tomorrow sono altri due picchi per un album che vede Neil Young prestare la propria voce in Gone To Shiloh mentre l'hammond B3 di Booker T.Jones riesce comunque a ritagliarsi il proprio spazio, gigante tra i giganti. E come dimenticare le chitarre di Marc Ribot, le batterie di Jim Keltner e Jay Bellerose o il basso di Dennis Crouch!?! L'edizione deluxe oltre a un paio di bonus track contiene un dvd esplicativo di tutto questo e altro ancora. Regia di Cameron Crowe. What else can I say se non "Hai ragione Leon: siamo In The Hands Of Angels!"

mercoledì 10 novembre 2010

SAINTS OF LOS ANGELES
Mötley Crüe
- MÖTLEY RECORDS - 2008

Diciamoci la verità: quel GENERATION SWINE che nel 1997 vedeva il rientro in pianta stabile di Vince Neil al microfono dopo la sfortunata parentesi di John Corabi andando a ricomporre così la formazione originaria dei quattro bad boys losangelini non aveva particolarmente convinto e l'hype iniziale era subito scemato anche a causa di quel mix di hard rock ed elementi elettronici non proprio a fuoco. Incomprensioni, nuove liti e questa volta è Tommy Lee ad andarsene. Bisogna aspettare la fine del 2004 per rivedere la classica line up nuovamente riunita e pronta a tornare in studio, dopo peraltro il buon NEW TATTOO con l'indimenticato Randy Castillo dietro le pelli. Un paio di brani per un nuovo best of, un album live, diversi tour e, a metà 2008, ecco i SAINTS OF LOS ANGELES tornare in pista con un album questa volta sì al passo coi tempi pur mantenendo l'impronta sporca e glam propria dei loro migliori lavori. L'omonimo primo singolo è il miglior biglietto da visita che potessero proporre a quasi trent'anni dall'esordio: fresco, accattivante come nella miglior tradizione glam e irresistibilmente catchy. Tuttavia già l'iniziale Face Down In The Dirt, non a caso spigoloso e punkeggiante capitolo dalle indubbie potenzialità commerciali, aveva chiarito la strada intrapresa per questo nuovo lavoro. E dopo una discesa Down At The Whisky per un drink o forse più al cospetto del Mutherfucker Of the Year, rallentiamo un istante con The Animal In Me, mid tempo riflessivo e autobiografico come la maggior parte dei testi, anche questa volta affidati alla penna del sempre prolifico Nikki Sixx. Per capire l'argomento di Chicks = Troubles e White Trash Circus è più che sufficiente il titolo e, mentre ci accorgiamo che di dodici brani proposti, L.A.M.F. è infatti giusto un prologo introduttivo, nessuno è identificabile come "ballad", anche Neil e soci continuano a scavare nel torbido delle loro esperienze mettendo in chiaro che, a un passo dalla fine del cd, anche This Ain't A Love Song. Una vita agli eccessi ammette cadute e scivoloni, mai pause.

domenica 7 novembre 2010

PROTOTIPO EP
OfflagaDiscoPax
- ODP - 2010

"Rivisiteremo i nostri due album con una strumentazione monocratica, portando sul palco esclusivamente tastiere Casio principalmente primigenie, lasciando a casa chitarre, basso, piano e quant'altro di solito ci accompagna." Così Enrico Fontanelli, solitamente basso, moog prodigy, casiotone, premeditazioni grafiche e pensiero debole, Daniele Carretti, solitamente chitarre, basso, mutuo quinquennale, e Max Collini, voce, testi, ideologia a bassa intensità, proclamavano sul proprio sito la nascita del tour intrapreso nel novembre 2010 per supportare il suddetto Ep autoprodotto. Lunari, freddi, algidi. Questi i territori entro cui si muove la navicella OfflagaDiscoPax col qui presente dischetto di soli 6 brani composito. Alla base del progetto c'è la volontà di destrutturare una manciata di canzoni provenienti dai cd fino ad ora pubblicati (due da SOCIALISMO TASCABILE, quattro da BACHELITE) per renderli fruibili in una veste più minimalista. Ciò nonostante la forza iconoclasta che già animava Robespierre non è smarrita, anzi viene rafforzata dai toni gelidi dei mezzi usati e mentre ci muoviamo nei mondi ovattati di Ventrale e Fermo!, Collini declama le sue liriche quasi stessimo fluttuando nello spazio, sospesi tra gli astri celesti della galassia. Perfetta colonna sonora per chi da bimbo giocò coi mattoncini Lego, forse uno dei giochi più proletari di sempre, più specificatamente nella sua declinazione LegoSpazio, il Casio-esperimento produce risultati inaspettati, sempre positivi. Del resto la materia trattata pulsa di vita, come un quasar; è il caso di Lungimiranza, recita di un piccolo mondo antico che la globalizzazione in parte ha fagocitato e mai più restituito, e in parte accentuato.
Ancora più robotica dell'originale è TonoMetallicoStandard, sublime invettiva contro quegli alternativi dei miei coglioni che con eccessiva sufficienza si ritengono depositari di chissà quale verità tuttavia già conosciuta e ampiamente approfondita senza sfoggio di presunzione dalle loro saltuarie vittime, qui riassumibili nella figura dello stesso Collini. Che dire poi di Onomastica? Remixatela e avrete pure un insospettabile riempipista crossover, assolutamente la migliore dell'intero lotto!
Per gli appassionati di memorabilie varie si sappia che l'Ep è in tiratura limitata a soli 500 esemplari. Quello recensito è il numero 496. Calcolando la proverbiale mistica meccanica della città di Reggio Emilia e dintorni, potrete andare sul sicuro: non differisce in niente dalla copia che acquisterete voi al proximo concerto.

venerdì 5 novembre 2010

04-11-10
- NOGURU live @ Rock'n'Roll Arena -
Romagnano Sesia (NO)

C'è un buco nel mio polmone! C'è un buco nel mio polmo-o-o-ne!! Senti le grida di questo vecchio cuore nero che urla dalla sua cavità? Le senti? Sì? Allora c'è solo una cosa da fare: andare! Andare e riempire questo buco dell'anima che forse non sanguina nemmeno più perché il nostro, di cuore nero, è diventato negli anni un grumo informe, insensibile al caos che ci gira intorno. Ma non è ancora insensibile a tutto. Romagnano Sesia è quasi una fermata di metropolitana rispetto a Milano, paese di provincia che vive a due passi dalla metropoli: i NoGuru ci sono già stati in altre vite separate e ora ci tornano insieme, con un nuovo compagno di viaggio.


Bruno Romani è pure il primo componente che vediamo all'interno del locale; vaga per i fatti suoi, stretto nel suo perfetto completo grigio, così lontano dalle nevrosi e dai suoni distorti della band con cui salirà di lì a poco sul palco. Xabier Iriondo è inconfondibile, sia sul palco, qualunque progetto stia accompagnando, sia nella sua veste di padre, e in compagnia di Valentina si prende così cura della sua piccola. Andrea Scaglia sta completando la scaletta e pare ripassare mentalmente più volte le parti vocali, rimuginando tra sé e sé brandelli di testo e poesia. Tribalex e il Briegel sono i più ciarlieri e si fermano a parlare spesso con i presenti che si sono avventurati a sentirli questa sera. Pochi per la verità, davvero pochi. Eppure questi pochi potranno dire: noi c'eravamo!

E c'eravamo quando viene dato Fuoco Ai Pescecani!! Come un fulmine a ciel sereno l'attacco del concerto è affidato al primo singolo dell'album e mentre anche noi ci ritroviamo in quella strana condizione, e ci aspettiamo che da un momento all'altro compaia il clown ghignante che turba gli incubi dei NoGuru, è già l'ora di Amore Mutuo, forse il brano più "melodico" dell'intera serata. Qualcuno per non avere il futuro rimorso di vivere con l'impressione di perdere l'occasione si mette lontano dalle luci blu e doppia la voce di Scaglia. Suoni spaziali escono dalla chitarra di Iriondo e il basso di Briegel riporta alla luce addirittura Army Of Me di Bjork!


Ancora effetti multipli dalla telecaster dell'(ex?) afterhoursiano;
l'affiatamento tra la sua e la chitarra di Scaglia è buona e, nonostante l'assenza delle tastiere di Talia che difficilmente seguirà gli altri cinque in tour salvo sporadiche apparizioni, il sax di Romani è un ottimo collante tra le parti e addirittura perfetto solista nella fulminea Ieri È Un Altro Giorno, canzone attraverso la quale più che farci tormentare dai fantasmi diventiamo consapevoli di come questa volta non ci interessi scacciarli: se ne andranno e torneranno, ripetutamente, come hanno sempre fatto, per cui tanto vale darsi pena quando è da noi stessi che dovremmo salvarci.

La sbilenca Neve, del resto, ci ricorda di come da almeno un decennio si viva in uno stato di convalescenza completa e le successive Perle Ai Porci sono solo uno splendido intermezzo al flauto traverso dell'impeccabile Romani. Poi ancora rock: il drumming di Marcheschi è l'ottima base per le chitarre riffose di Non Mi Passa e Mare Divano con ulteriori scenari sonori direttamente dagli 80's rielaborati però dalla furia dei 90's. Anche in sede live Il Deserto Degli Dei è l'unico episodio riconducibile agli ultimi Ritmo Tribali, quelli dell'imperfetto BAHAMAS, ma già con Complicato la sensazione fin qui avuta di trovarci di fronte ad un combo nuovo a tutti gli effetti non viene fugata. E ci stiamo guardando allo specchio per cui sappiamo di essere nel giusto.

Gone Daddy Gone dei Violent Femmes è una scelta in linea con questa parte di concerto, dunque non ci sorprende che Scaglia e soci la scelgano per dare poi spazio alla Bassa Fedeltà che conclude la prima parte dello spettacolo e che dà ancora buona visibilità all'accoppiata Iriondo-Romani.


L'arpeggio a-là Alice in Chains del ritorno sul palco si schiude nell'intensa Tempo con il cantato di Scaglia che ci invita a dormire e riposare, ma gli incubi riaffiorano una volta ancora e un passato doloroso resta sempre lì a incancrenirsi nei nostri pensieri. Il post punk di Girl U Want, oltre ad essere l'omaggio ai Devo, è anche un raggio di luce che compare inaspettato intorno all'1:00 di notte. Bene, c'è ancora tempo per andare avanti e camminare? Sì, vero? Allora, col fiato sul collo, ma con le mani su, Cammino Con Le Mani In Alto! E pare di sentire il proposito che nelle menti di ogni singola persona affiora come un mantra mentre le note dello Shahi Baaja dell'Iriondo si diffondono nell'aria: cammino con le mani in alto, cammino con le mani in alto, cammino con le mani alto, cammino con le mani in alto, cammino con le mani in alto... E anche noi non possiamo fare diversamente e camminiamo con le mani in alto. Anzi meglio ancora: cammin(iam)o con le mani.

Andrea Barbaglia '10

n.b.: il seguente post è visibile pure a questo indirizzo: http://www.facebook.com/pages/NO-GURU/59531321012

mercoledì 3 novembre 2010

FATALISTS
Hugo Race
- Gusstaff Records - 2010

Violino e contrabbasso non sempre sono prerogativa di scuole di canto e conservatori, con tutto il rispetto che tali istituzioni meritano. Possono altresì diventare l'ossatura di pregevoli operazioni rock se a coadiuvare tali elementi troviamo all'opera grandi fruitori e appassionati di suoni e tradizioni musicali come Hugo Race. Già a suo tempo tra i fondatori dei Bad Seeds di Nick Cave, l'artista australiano, da anni adottato dal Bel Paese, si discosta presto dal singer di Warracknabeal per intraprendere percorsi trasversali, spesso apparentemente agli antipodi tra loro, e sviluppati successivamente in ogni angolo del globo terracqueo calcato da piede umano. Questa volta, e a solamente sei mesi dall'uscita dello strepitoso secondo capitolo dei Dirtmusic in compagnia di Chris Eckman e Christopher Brokaw, è il turno di una commistione fra musicisti italiani, olandesi e, of course, australiani. Il risultato è l'affascinante FATALISTS, otto brani per un totale di poco più di mezz'ora di Musica che, accanto ai già citati violini, qui affidati a Vicki Brown, collaboratrice di lungo corso dei Calexico, e al contrabbasso di Erik Van Loo, spesso spalla nei live di Steve Wynn, vede completato l'organico sonoro da chitarre elettriche, curate dallo stesso Hugo e da Antonio Gramentieri, e da pelli, nella quasi totalità suonate dallo sperimentatore Diego Sapignoli. Call Her Name, Too Many Zeroes, Slow Fry, l'affascinante cover dei Mysteries Will You Wake Up, Coming Over, The Serpent Egg, Nightvision: le canzoni si susseguono rapidamente, senza soluzione di continuità, ricche di rimandi desertici, darkeggianti e onirici al contempo, con una fluidità e semplicità narrativa tali da non far sfigurare l'inserzione del traditional In The Pines, presente peraltro in quell'MTV UNPLUGGED IN NEW YORK di nirvaniana memoria, qui ancora più rallentato e oscuro. Fantasmi e notturne presenze umbratili affiorano in continuazione dai solchi del cd (consiglio comunque il sempreverde vinile per un ascolto ancora più "fruscioso" ed oscuro, al lume di candela, nel backdoor di una villetta di campagna, sul far della sera), ma l'esorcismo di Hugo e dei suoi Fatalists è sempre efficace al punto tale che la voce roca di questo cittadino del mondo, pur evocandoli, li tiene a bada, dissolvendoli fino a farli scomparire lentamente, lentamente, lentamente... All'orizzonte si profila già una nuova febbrile avventura sciamanica. Non abbiamo bisogno del medicine man; in Australia sanno il fatto loro.