mercoledì 29 giugno 2011

DINAMISMI PLASTICI
Freak Antoni Band
- Le Arti Malandrine - 2011

"Il governo ha ragione a non darti mai niente": così esordisce, dopo una intro color porpora profondo, il supercombo che si cela dietro il ben noto volto di Roberto "Freak" Antoni stampato in copertina. E vista la caratura dei protagonisti Il governo/La mia banca è indifferente si permette di coniugare hard rock, omaggi a Jimmy Page, psichedelia e humor quasi mai fine a sé stesso, in una miscela davvero esplosiva. Se l'indiscusso leader degli Skiantos risulta essere voce principale e autore pressoché unico dei testi, un plauso deve essere tributato pure a colei che, occupandosi della produzione artistica, ha scritto musiche e dato l'input al tutto. La signorina in questione risponde al nome di Alessandra Mostacci, "Mostachova" per i compagni di note, pianista classica diplomata al Conservatorio G.B.Martini di Bologna e a quello Europeo di Parigi, perfetta metà artistica sul palco per qualunque componente della band. Band che, dicevamo, rivela tra le sue fila due altezze reali delle sei corde come Max Cottafavi e le roi Ricky Portera, finalmente liberi di dare sfogo alle loro passioni più robuste al servizio di un progetto a suo modo unico, in cui è evidente l'intenzione di unire suggestioni classiche e ritmi quasi heavy metal. Esemplare in tal senso è l'accattivante Compagno Dio che si muove lungo questi estremi grazie alle tastiere della Mostacci e ai riff granitici dei due chitarristi mentre Freak declama, con la sua classica verve, versi ironici, non demenziali, a dimostrazione pure di come la F.A.B. sia un progetto altro, parallelo alla band madre e non una sua scialba (e a quel punto inutile) copia. Dedicata al motociclista che c'è in ognuno di noi, Con Un Filo Di Gas è un altro compendio di hard rock con tanto di sgasature chitarristiche ad opera della premiata ditta Cottafavi-Portera, in grado di far cantare  sul serio il motore. Del resto cedere il passo al proprio estro da guitar hero e andar a briglie sciolte diventa ancora più facile se la sezione ritmica su cui poggi è stata precedentemente affidata al basso della rediviva, e sempre affascinante, Elisa Minari e alla batteria da skianto che risponde al nome di Roberto "Granito" Morsiani. Ad ingentilire due momenti d'atmosfera come È Già Ieri e Dove Sei Stato ci pensa la voce della giovanissima Sofia Buconi, già concorrente di X Factor 2010 dicono le cronache e, dico io, per sua fortuna scartata durante il programma, che torna a duettare con Freak nelle sonorità arabeggianti di Shalom Salam contaminate dall'italianissima ocarina di Budrio appannaggio del maestro Fabio "Gallo" Galliani. E come non citare i contributi esterni che qua e là affiorano tra i solchi del cd? A Wolfgang Amadeus "Punk" Mozart si ispira l'operettistica Filastrocca Della Mamma, tra Sex Pistols, Queen e Alberto Camerini, con il concreto supporto canoro di Stefano Banchelli; Vladimir Majakovskij  è fonte per la già citata Compagno Dio, Piero Manzoni dà le coordinate per la neanche tanto surreale parabola heavy de La Merda È Meglio Dell'Arte, mentre da un testo inedito di Pier Vittorio Tondelli prende spunto l'estiva Sciare, spensierata sgambata rock dal forte appeal radiofonico che meriterebbe maggior fortuna su network e web. Chiusura affidata alle ocarine di Allegretto Ma Non Troppo che con le sue trame pianistiche regala la giusta base per le riflessioni di un malinconico Freak Antoni, tra l'amaro e il nero. Ci piace sottolineare come il cd sia dedicato al giornalista e critico musicale Ernesto De Pascale scomparso prematuramente nel febbraio di quest'anno. "Filastrocca della vita / quando godi è già finita".

domenica 26 giugno 2011

25-06-2011
- MASSARONI PIANOFORTI live @ Castello Visconteo -
Pavia (PV)

Giocare in casa. In occasione dei 25 anni di attività di Spazio Musica lo storico locale pavese ha realizzato una corposa quattro giorni di musica ed intrattenimento tesa una volta ancora ad offrire più un luogo di aggregazione sincera e genuina che non un evento di pura e semplice celebrazione, comunque giusta in casi come questo, o, peggio ancora, di triste sfoggio di vacua compiacenza. In cartellone trovano così spazio una schiera di artisti locali legati alla struttura di via Faruffini prima ancora che da ragioni lavorative da profonda amicizia e rispetto, pronti ad omaggiarne i cinque lustri di vita. Ecco dunque, solo per citarne alcuni, Folco Orselli & I Cani Scossi, headliner della prima sera; i già noti e meritevoli Green Like July; l'indie rock dei News For Lulu e la cantautrice Elisabetta Citterio; la gloriosa Treves Blues Band e gli storici Fungus; le note raffinate dei Macadam e il blues dei Rude Mood. In mezzo a tutti loro e a molte altre valide proposte noi andiamo a botta sicura, raggiungendo gli spazi del cortile interno del Castello di Pavia (a settembre vi si esibirà pure Franco Battiato) nel tardo pomeriggio del sabato per un piccolo grande artista: Gianluca Massaroni. Sì, di lui ne abbiamo già parlato in altre due occasioni su queste pagine e in un lasso di tempo relativamente breve, ma ogni esibizione a nome Massaroni Pianoforti è a suo modo un evento davvero unico e sempre nuovo.

Armato quest'oggi di sola chitarra acustica, l'unico cantautonomo neorealista post-moderno che l'Italia possiede sale sul secondo palco del festival in solitaria, ringraziando per l'invito alla manifestazione e decidendo di eseguire come brano di apertura del suo set una non scontata cover di John Lennon, leggenda già omaggiata nella compilation
A DAY IN THE LIFE - JOHN LENNON REVISITED con la toccante Love, vale a dire l'urlo straziante di Mother, tra i più dolorosi ed evocativi episodi solisti mai composti dall'ex Beatles. Un ultimo tiro di sigaretta e fin dalle prime note l'attenzione del pubblico pomeridiano è catturata; sarà la voce sofferta di Gianluca, sarà l'irrealtà del posto che emana storia e cultura, fatto sta che questi primi minuti sono già da brividi. "Va bene, andiamo avanti. Avete delle richieste particolari?", domanda con quel sorriso da simpatica canaglia giusto un istante prima di farsi serio e scegliere risolutamente di eseguire Sali E Tabacchi senza aspettare una risposta che mai sarebbe arrivata.

Come nella migliore delle tradizioni musicali il brano ha il pregio di insinuarsi leggero e diretto in un crescendo sottolineato dal giro di chitarra blues che tanto deve al miglior Ivan Graziani; oltre a tutto questo è giusto sottolineare come anche il tentativo di coinvolgere gli astanti per un improvvisato coro tiene alta l'attenzione anche in coloro che stazionano sulle panche a bersi una birra o a chiacchierare tra un panino e una piadina. Per par condicio ecco Dobbiamo Smettere Di Fumare, il divertissement un pò fine a se stesso che tutto sommato ben si inserisce nel programma odierno, rapido e ironico, e che a sorpresa raccoglie diversi applausi. Preludio a quanto ci aspetta da qui in avanti? Forse sì. La Città Si Sveglierà è infatti nota; i "compaesani" di Massaroni ora partecipano più attivamente canticchiando testo e ritornello, noi ci domandiamo come un simile potenziale non sia ancora esploso e conosciuto a livello nazionale e ci gustiamo la coda strumentale del finale con un afflato grunge à-la Soundgarden suonato dallo spirito di Jeff Buckely. Da segnalare a questo punto l'inedito Lavanderia A Gettoni, anticipazione davvero neorealista del futuro lavoro in studio, di cui già trapela il working title SETTEMBRE, su piccoli gesti di vita quotidiana per far quadrare giorni e vite tanto nell'hinterland pavese quanto nelle metropoli urbane.

Malinconica al punto giusto, pare avere tutti i crismi per diventare uno tra i brani più intensi del cantautore di Voghera, tra echi battistiani e rimandi al primo Vasco Rossi senza alcun tipo di scimmiottamento, ma anzi, con quello stile a suo modo unico che lo contraddistingue, sia nei brani più riflessivi sia in quelli più leggeri. "Avete delle richieste? Che riguardano le mie canzoni. ..Mie! ..MIEEE!" Il sempre più esaltante Massaroni presenta il prossimo come un brano in cui si parla di buone occasioni, ma che col tempo vanno a farsi benedire: È Ancora Giorno trasuda una carica rock importante, anche semplicemente appoggiandosi alla Gibson acustica che Gianluca qui spreme fino all'ultima nota, giusto il tempo di far intuire anche al più distratto ascoltatore come il fuoco sacro della Musica arda vivo sotto la cenere di qualunque rogo. Dopo circa mezz'ora è purtroppo tempo dell'ultima canzone. Nell'aria già si sentiva più di una voce che sussurrava "Carlo, Carlo..." e fa piacere che le stesse siano probabilmente giunte anche sul palco vista la scelta conclusiva di affidarsi proprio a Carlo (Il Passato È Passato).

Dunque, in cosa consista la canzone di cui sopra, ci pensa il suo autore a dare le giuste coordinate ricordando come qualche anno fa, in quel di Pavia, al termine di una serata decisamente alcolica, un ragazzo "leggermente" alticcio avesse palesemente sbagliato citofono di casa svegliando nel cuore della notte un'intera palazzina prima di essere ricondotto sulla retta via. Da questa piccola storia vera Massaroni trae spunto per un quadretto divertente e ben bilanciato da poche note che si sposano perfettamente con la tematica non particolarmente aulica, ma dal terribilmente più concreto taglio urbano. Lo scambio di battute col pubblico fa il resto. I ringraziamenti finali per gli organizzatori e le persone accorse sono le note finali per questi trentacinque minuti di grande musica, in uno scenario inusuale con un piccolo pubblico cresciuto fortunatamente sempre più col passare del tempo e l'approssimarsi della serata. Il disappunto per non aver future occasioni di rivedere Gianluca live nei mesi estivi viene controbilanciato dall'attesa per il nuovo lavoro che sta nascendo in sala di incisione e previsto per l'autunno. Che taglio avrà a noi poco importa: la facilità di scrittura che l'accompagna è sintomo benaugurante per ciò che verrà. Ogni cosa ha il giusto tempo e noi, semplicemente, vedremo di non farci trovare impreparati. Grande MaSSa!!

Andrea Barbaglia '11

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sabato 25 giugno 2011

22-06-2011
- MARLENE KUNTZ live @ Magnolia -
Segrate (MI)

Diciamoci la verità: RICOVERI VIRTUALI E SEXY SOLITUDINI non è piaciuto. Almeno a noi. Destinato forse a scomparire presto nel dimenticatoio della geografia discografica della band cuneese, non tanto per i brani in sé e per sé, né per le sempre indovinate e ricercate liriche ad opera di Cristiano Godano, ma piuttosto per le soluzioni scelte a livello di produzione, piena, arrotondata, pop, aspettiamo il trio Godano-Tesio-Bergia al varco live, occasione che tante soddisfazioni ha dato dal 1989 ad oggi. È da tempo che la volontà di rivederli si scontra con l'impossibilità di farlo e sappiamo di aver perso almeno un paio di tour notevoli, come quello successivo all'uscita dell'allora vituperato UNO, tra i migliori album invece della band, e del quale avremmo saputo sicuramente apprezzare dalla prima all'ultima nota. Sed tempus fugit. Ormai siamo nel 2011, con il nuovo tour estivo alle porte; anzi, in partenza proprio quest'oggi. E noi? Noi siamo con loro. Raggiunte prima fila e transenna con disinvoltura dopo le performance introduttive di Manuel Lieta e degli Encode, attendiamo con vera trepidazione l'entrata in scena della band piemontese mentre accanto ci si posizionano fans, se non della prima, quantomeno della seconda ora, così come nuove leve che domandano informazioni su di loro. Non dobbiamo pazientare molto perché inizino le danze.

Una classica introduzione strumentale, con Godano intento ad armeggiare sulle corde della Stratocaster con una bacchetta della batteria, precede la nuova Oasi, per un'apertura tutto sommato soft, ragionata, ben presto compensata dall'inusuale scelta di affidarsi a Due Sogni, fluttuante e carnale, tratta da quel CHE COSA VEDI di undici anni prima, con Davide Arneodo ad alternarsi tra tastiere e violino, e, qualche minuto dopo alla sempre aggressiva A Fior Di Pelle. Non scopriamo certo questa sera la potente quadratura ritmica di Luca Bergia, piuttosto fa piacere constatare come il buon Lagash, oggi come oggi, sia perfettamente inserito nel sound Marlene, con le sue plettrate tonde libere di amalgamarsi con le rasoiate delle chitarre, mai dome e sempre nervose. Gli applausi continuano anche più fragorosi per la storica Retrattile, tra i must cantati a squarciagola quasi fossimo stati catapultati all'improvviso nel glorioso 1996, e per Cara È La Fine, inconsapevole (?) fonte d'ispirazione, almeno così crediamo, per i giovani Verdena, con la Les Paul di Riccardo Tesio e la Firebird di Godano ad alzare un muro di suono invalicabile.

Le morbide atmosfere di Infinità giungono così al momento giusto per carezzare le orecchie e cullare i più romantici, dolce porto sicuro per capitani allo sbando quando, parafrasando il poeta, il naufragar diventa dolce in questo mare. Un altro approdo, meno accogliente e più effimero, compare comunque di lì a poco: è il moderno Ricovero Virtuale costruito per l'occasione dal quintetto e impreziosito dal gran lavoro di Arneodo che tra violino, per la verità coperto dagli altri strumenti come per gran parte del concerto, cori, mandobird e tastiere non ha un attimo di respiro mentre Godano si rivela protagonista di una prova maiuscola, andando ad irrobustire il brano di apertura dell'ultimo cd con una magistrale interpretazione. La stessa che peraltro scorgiamo per la successiva Paolo Anima Salva, perla cantautorale che si riallaccia all'esperienza di UNO e ci traghetta proprio verso i lidi dell'affascinante Fantasmi, tra i migliori nuovi classici della band. Ora all'acustica, Godano movimenta un brano già di per sé in crescendo, con le percussioni di Arneodo e la batteria di Bergia a scandire il tempo marziale attraverso cui si sviluppa. Pornorima cambia le carte in tavola a 360°, a partire da quell'ironico testo cantato in falsetto, e già metabolizzato su cd, che tuttavia acquista in sede live una carica ben più elettrizzante, a tratti erotica; l'intelligente critica alla superficialità dei farisei dell'indie rock che ostentano senza dignità alcuna la loro vacuità diventa così trampolino di lancio per uno dei classici della band.

Ape Regina avanza come sempre tonante, maestosa e regale, tra immaginarie ali di folla adoranti che ne declamano vizi e virtù, inebriate dal nettare rilasciato dalla creatura richiamata in vita nei quasi 10 minuti che la riguardano, tra distorsioni soniche, pause vibranti e massicci suoni percussivi. Sferraglianti svisate metalliche annunciano invece l'altrettanto attesa Sonica mentre in Notte è il basso di un sempre più accomodante Lagash a farla da padrone, consentendo a tutta prima che il violino di Arneodo non venga nuovamente "mangiato" dagli altri strumenti, e che, in seconda battuta, si dia ampio respiro al dialogo fra le chitarre. Qua ha termine la prima parte del live, dopo un'ora e un quarto di concerto, tra le urla ampiamente diffuse di chi vorrebbe ascoltare già a questo punto della serata Nuotando Nell'Aria. Marlene così torna on stage.  La prima parte de La Canzone Che Scrivo Per Te vede il solo Godano alla voce, armato di acustica e supportato dai cori del pubblico; poco alla volta ecco entrare violino, basso, Tesio e Bergia a dar man forte per quello che oltre ad essere stato un riuscito duetto tra la band e la frontwoman degli Skunk Anansie, la sempre entusiasmante Skin, si conferma emozionante love song senza tempo. A proposito di evergreen ecco Musa: le prime note di piano, anche senza il tocco di Paolo Conte, sono inconfondibili e un pò sorprende che, dopo le dozzinali critiche ai tempi della sua uscita, quanti stasera si trovano sotto il palco la cantino al pari dei successi fino a questo momento già ascoltati.

Rapido cambio di chitarra per Godano e quello che è uno dei pezzi più emozionanti e old school di RICOVERI VIRTUALI E SEXY SOLITUDINI fa capolino anche questa sera: Vivo, con il sempre delicato tema riguardante i pro e i contro dell'accanimento terapeutico, ci rimanda fin dai primi ascolti su cd alla storica One dei Metallica, non certo nelle sonorità, ma per quel filo rosso che unisce due storie tremende, così distanti eppure, in ultima analisi, tanto speculari. Brividi dunque. E a proposito di miserie umane ecco la catartica riflessione sui dolori sentimentali di Uno, confessione di un Amore troppo grande per poter (r)esistere. "Grazie a tutti! Grazie amici! Grazie! Buona serata, grazie!" L'affetto caloroso dei fans viene ripagato dal secondo ritorno sul palco di Marlene che a questo punto spara una doppietta tratta dall'ultimo cd. La denuncia de L'Artista e il moto perpetuo de Io E Me (grande Lagash!) rivelano un'attitudine e suoni rock maledettamente aggressivi che in studio sono stati un pò penalizzati dalla produzione tonda di Howie B; trovare il giusto abito nella dimensione live è tuttavia la migliore delle operazioni che una canzone possa subire, scrollandosi di dosso polvere e plasticità come se si stesse... Nuotando Nell'Aria. Ultimo brano di queste due ore meneghine senza cedimenti, il secondo estratto di CATARTICA è uno dei tanti motivi che cementa una volta ancora l'indissolubile legame tra la band piemontese e i suoi ammiratori, spesso critici, ma sempre pronti a sostenerla macinando chilometri, acquistando cd e affollando concerti. Altri probabilmente detengono l'effimero scettro di numeri uno; ...ma, ma, Marlene è la migliore.

Andrea Barbaglia '11

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mercoledì 22 giugno 2011


SECONDO
Vittorio Cane
- Innabilis - 2008

A volte prendiamo un abbaglio. Fastidioso, inopportuno, accecante. Proprio così ci apparvero gli istanti iniziali dell'esibizione surreale di uno sconosciuto e stralunato Vittorio Cane a cui assistemmo, in apertura al redivivo Edda, una sera d'inverno di qualche anno fa, con un bel -2 fuori all'aperto e una birra ghiacciata in mano. Fortunatamente l'abbaglio di cui sopra dura giusto lo spazio di un secondo per cui, poco dopo, la vista torna lucida e la mente cancella l'attimo di smarrimento. Allo stesso modo accadde quella sera a chi scrive queste righe. I primi minuti di smarrimento lasciarono infatti spazio ad una maggiore concentrazione che permise se non la comprensione totale dei brani proposti, un "retrogusto" dolce, che invogliava ad approfondire quanto i nostri occhi avevano visto e le nostre orecchie udito. Recuperare il cd è stato così d'obbligo. Quello tra le mani è proprio il SECONDO album rilasciato da Vittorio dopo l'esordio omonimo di tre anni prima; come suona? Suona pop; non convenzionale, ma pur sempre pop. Arriva da Torino Vittorio, e con sè porta la lezione di un cantautorato tanto disincantato quanto ironico, ingrigito forse un poco dallo smog sabaudo, eppure brillante e scanzonato che molto deve al migliore Rino Gaetano e al Vasco Rossi prima maniera per mood e passionalità, seppur su toni meno accesi. Il singolo Domenica, con le sue noie quotidiane e l'onnipresente farfisa, è un ottimo esempio di quanto appena detto, condito da una leggerezza di fondo che non guasta mai e che animerà tutto il lavoro. Anche gli episodi più confidenziali come Dipendente che, dopo una intro scratchata, viaggia col suo basso funk sui binari tracciati dal Battisti di fine anni '70 e il Bugo di mezzo non ancora contaminato dal rock e dalla dance, beneficiano infatti di questa apparente indolenza. Ottimo il duetto con Mao (sì, quello della Rivoluzione) in Ci Proverò, ballata estremamente catchy, difficile da disimparare e anzi, già pronta per essere cantata in compagnia su qualche fantomatica spiaggia caraibica o, più realisticamente, nel retro di qualche furgoncino. Le stonature vocali di Cascafaccia e L'Ermetico (quest'ultima omaggio a Luca Carboni? Pare di sì) fanno a tutta prima storcere il naso, e non solo ai puristi del bel canto; ma è ancora una volta questione di luccicanza. Al secondo, terzo ascolto paiono a tal punto perfette che una interpretazione relativamente più pulita come quella offerta nella emozionante Torno Su sarebbe stata fuori luogo, forzata e poco convincente. Amara e intensa, Mille è forse la perla nascosta del lotto, quella in grado di conquistare anche gli scettici, coloro i quali potrebbero aver già tacciato di eccessivo lo-fi la musica fino ad ora ascoltata. Il chitarrino disco funky della sognante Quassù cita ancora il Battisti di IO TU NOI TUTTI seppur contaminato da estemporanei campionamenti e dal supporto di Simona Palumbo e Giulia Carnevali ai cori. L'intermezzo strumentale di Intervallo anticipa l'approssimativo hip hop di Ci Credo Ancora  e l'elettronica non finita di Ti Do Qualcosa che per quanto episodi a loro modo unici in tutto il cd, ben si amalgamano con le composizioni fin qui ascoltate e le ultime in arrivo. All'appello mancano ancora lo smarrimento descritto nella corale Spersi e i pigri fastidi presenti in Around. Chiusura affidata alle profezie di Remo Remotti che tesse un elogio all'amichetto suo Vittorio Cane. In attesa che venga conferito il premio Nobel a questa bizzarra accoppiata di poeti, animatori di cose belle, intelligenti e passionali noi programmiamo il lettore sulla funzione repeat, pigiamo il tasto play e ci rilassiamo sull'amaca della terrazza.

sabato 18 giugno 2011

DEL NOSTRO TEMPO RUBATO
Perturbazióne
- Santeria - 2010

Il lavoro fin qui più completo per la band di Rivoli. E non potrebbe essere altrimenti. Ventiquattro episodi eterogenei, come lo sono le ore che compongono le nostre giornate, oltre 70' di ottima musica, due cd, di cui uno vergine ad uso e consumo degli acquirenti che avranno la possibilità, dando libero sfogo alla propria fantasia, di masterizzarci sopra qualunque altra cosa vorranno ascoltare dei Perturbazióne o no, un accattivante packaging, il prezzo assolutamente irrisorio. Prodotto dai Perturbazióne in collaborazione con l'ottimo Fabio Magistrali, il successore del progetto LE CITTÁ VISTE DAL BASSO raccoglie registrazioni effettuate tra la fine del 2007 e il febbraio del 2010, lasso di tempo in cui i nostri hanno perso per strada il basso di Stefano Milano in favore di quello griffato Alex Baracco, già sodale del chitarrista Gigi Giancursi nell'interessante side project Totò Zingaro di cui troveremo modo di parlare in futuro, e accumulato numerose idee qui espresse concretamente. Vista la molteplice varietà di generi, potenzialmente ogni singolo brano potrebbe essere il più indicato biglietto da visita per presentare il cd; la scelta ricade sulla tenace disamina sociale di Mao Zeitung, spaccato contemporaneo della realtà italiana vittima di quel "mostro" chiamato Globalizzazione, affrontata con la leggerezza classica del suono Perturbazióne che molto deve agli interventi di violoncello affidati alla sempre più decisiva ed affascinante Elena Diana. Si ascoltino in proposito la corale riflessione di Mondo Tempesta, la richiesta di La Fuga Dei Cervelli oppure la sognante La Cura Del Sonno. Le Istruzioni Per L'Uso per un corretto ascolto di questo prodotto, confezionato e letteralmente inscatolato a dovere, sono comunque presenti nella sua opener che, con taglio lo-fi, ci introduce negli spazi sempre misurati e gentili Del Nostro Tempo Rubato, amara ballata totale poggiante sulle chitarre e l'organo suonati da Giancursi e Cristiano Lo Mele che fa il paio con la magica Primo, un pò Pacifico, un pò Cristina Donà, il tutto percorso da fremiti perturbati. Come perturbato è il punk di Vomito!, scheggia sonora e valvola di sfogo condensata in novanta secondi. Diversi i brani sotto i due minuti di durata: la rabbiosa e disillusa L'Italia Ritagliata, lo spunto solista del sempre prolifico Giancursi in Io Sono Vivo Voi Siete Morti, che non faticheremmo ad ascoltare nel repertorio di Samuele Bersani, i suoni British de La Canzone Del Gufo (Bohemian Groove) e l'incontro tra classica e indie de L'Elastico. Spiazzante la visionaria ed incalzante Cimiterotica, più tradizionale Partire Davvero, una volta ancora occasione per dar giusto spazio agli archi.  Destinata a restare nel repertorio live dei prossimi anni, la quotidianità di Buongiorno Buonafortuna è una delle tante canzoni perfette scritte dal gruppo, che qui decide di farsi accompagnare con un cameo da Dente, prima di raccontarci le memorie de Il Palombaro e di come La Cura Del Sonno sia momento per romanticherie e amore. Eppure Niente Eroi: oggigiorno è la Musica Leggera a farla da padrone, Come In Basso Così In Alto. Tutto sembra esser diventato un enorme spot Promozionale (...-el-lel-lè). Se però i livelli fossero sempre così alti non dovremmo temere che in questo Revival Revolver possa essere proprio il pop ad ucciderci l'anima. E ora via con i Titoli Di Coda. Bravissimi! ps: un ringraziamento Last Minute a tutti i ragazzi per la scelta Esemplare di inserire piccole preziose informazioni nel booklet, vera manna dal cielo per chi ama acquistare l'oggetto cd e conoscerne i retroscena sulla nascita.

venerdì 17 giugno 2011

THE CYBORGS
The Cyborgs
- INRI - 2011

1° maggio 2011. Mentre sulla Terra si festeggiano i lavoratori, dallo spazio due inquietanti esseri provenienti da chissà quale galassia altra avanzano spediti sul pianeta Azzurro proclamando il loro credo blues a suon di rasoiate chitarristiche e ritmiche avvolgenti. Trovare nuovi adepti per la loro missione sarà piuttosto facile con sermoni quali Cyborg Boogie, lineare e binaria come lo sono i due automi, 20th Floor, mix tra il seminale Robert Johnson e la Jon Spencer Blues Explosion, e lo scatenato rock'n'roll in odore di rockabilly di Dancy. Mentre Cyborg-0 si occupa di chitarra e voce, abravisa e metallica a causa della maschera da saldatore che gli copre il viso, il suo replicante Cyborg-1 governa tastiere e batteria simultaneously, concedendosi una puntata solista nel numero da saloon per solo piano e batteria di Bag Time, dal forte sapore vaudevilliano e honky tonk. Dopo lo stentoreo proclama contenuto in Prelude, la voce metallica di 0 assume nell'hard blues di No!No!No! i toni del miglior Billy Gibbons, imbastardito, se possibile, da un ispirato tanto quanto inaspettato Zakk Wylde. Nella costruzione di I'm Tired compare da lontano il fantasma di Ritchie Blackmore che per il blues mai ha nascosto la sua passione; in 2110, millantato anno di provenienza dei due androidi, la struttura si fa più marziale, abbracciando in realtà un periodo temporale che si rifà al blues delle origini, spingendosi difatto fino all'eta aurea dei vari Howlin' Wolf, Blind Willie Johnson e Muddy Waters. Proprio il recupero alla radice della tradizione blues terrestre, passata o presente che sia, attualizzata comunque secondo l'esperienza maturata negli anni trascorsi a macinare riff, fa dei Cyborgs un duo da tenere d'occhio, non solo su disco, ma, e forse soprattutto, in sede live, dimensione vieppiù consona per liberare l'estro e la fantasia generate from unknown origin da Cyborg-0 e Cyborg-1. Nella mezz'ora abbondante del cd, che ormai abbiam capito essere stato realizzato più per soddisfare le esigenze degli esseri umani che le loro, c'è ancora tempo per una sostenuta Human Face, presente peraltro anche in una electro versione remix, e per la polverosa Highway Man, tra gli episodi meglio riusciti con quel suo incedere di nuovo vagamente purple. In chiusura, ecco Cyborgs Boogie Reprise a tirare le fila dell'incalzante percorso iniziato una decina di brani prima. Forse chiedere a C-0 e C-1 di brillare in una pericolosa originalità potrebbe essere un azzardo; nel blues nulla si inventa, le basi sono a disposizione di chiunque e non chiedono innovazioni particolari. Anzi. La lezione migliore proviene  proprio dai continui giri di pentatoniche mandati a memoria, assimilati e proposti a quanti vorranno ascoltare. Questo i Cyborgs lo sanno davvero bene; così come sanno il segreto per far muovere a tempo il piedino e le testoline di noi poveri terrestri.

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giovedì 16 giugno 2011

12-06-2011
- VERDENA live @ Magnolia -
Segrate (MI)

Eccoci così all'ultimo live della giornata e di questo MiAmi 2011 che già solo nel corso di questa domenica ha offerto ben 19 concerti (su un totale di 49 nell'arco di tre giorni) lungo quelle che solitamente sono le ore di una faticosa giornata lavorativa.
Vero, lunedì ci sarà ancora un momento di incontro e poesia grazie alla presenza, fra gli altri, dell'icona Federico Fiumani presso il circolo Arci Bellezza di Milano; tuttavia il clou sta arrivando. Reduci da un tour ricco di sold out, i Verdena bazzicano fin dal pomeriggio gli spazi del Magnolia, ad ascoltare colleghi, confusi tra il pubblico, riconosciuti da pochi a caccia di foto e autografi. Li perdiamo di vista sul far della sera, man mano che gli istanti precedenti alla loro esibizione si avvicina e la concentrazione richiesta aumenta. Ma sappiamo dove e quando li ritroveremo. Il palco principale li attende per le 23. Già durante il live di Cesare Basile di qualche ora prima, in transenna si trovavano ragazzi e ragazze con le t-shirt della band di Albino, decisi a mantenere la posizione fino all'arrivo dell'ora X. Noi si rincula nella pancia del parterre, leggermente spostati sulla sinistra. Apprezziamo i Verdena, ma non siamo fan della prima ora. Negli anni però la loro crescita è stata esponenziale e pure le ultime prove in studio sono lì a dimostrarlo: giusto che davanti ci siano i loro veri cultori; corretto che anche per chi li segue con meno foga ci sia ugualmente posto per goderseli nel miglior modo possibile. Anche questa sera la scaletta pescherà a piene mani nell'ultimo ottimo doppio album WOW?

Beh, data la bontà di uno fra i pochi doppi album italiani convincenti, come potrebbe essere altrimenti? Scendono le luci, sale l'incitamento. Quattro figure salgono sul palco. Niente chitarre, ma ben due tastiere per il primo pezzo: Miglioramento è ugualmente una botta sonora davvero notevole che il pubblico gradisce senza mezzi termini, segno di come le novità del doppio cd siano state ampiamente metabolizzate. E dalle retrovie ecco muovere verso le prime file numerosi ragazzi diretti a rimpolpoare e serrare ulteriormente il già nutrito parterre che è venuto radunandosi negli ultimi minuti precedenti il live. Si procede senza chitarre anche con la successiva Il Nulla Di O., breve e straniante tra continui arpeggi alle tastiere, mentre su Rossella Roll Over è il prezioso quarto uomo Omid Jazi a dare il suo contributo alla sei corde visto che Alberto Ferrari trova anche in questa occasione perfetta collocazione al piano elettrico, defilato sulla sinistra del palco, con una Roberta Sammarelli sempre molto carica cui spetta invece il compito di occupare lo spazio solitamente destinato al frontman.

Ci vuole la sorpresa L'Ora È Buia perché Alberto torni ad imbracciare la sua Gibson ES335 liberando così Roberta ad un potente headbanging giusto qualche istante prima di calmare, ma solo apparentemente, le acque con un classico tratto da IL SUICIDIO DEL SAMURAI, quella Phantastica nervosa e ricca di meravigliosi sbalzi emotivi che, oggi come sempre, viene spinta dalla tonante batteria di Luca e dai cori di tutti quanti. C'è un Cristo che sanguina, ma pochi paiono prestar attenzione. Come per i ManzOni, l'intercambiabilità fra i vari componenti, fatto salva la posizione inamovibile del più giovane dei Ferrari dietro le pelli, regna sovrana da queste parti. Per Badea Blues troviamo così Alberto al basso, Omid alla chitarra e Roberta alle tastiere; a differenza della versione in studio, sembrerà strano vista la differenza di organico, pare di percepire influenze pearljamiane del primissimo periodo, proprio quello di TEN per intenderci, tra i solchi di una Wash più lisergica e quelli di una Black meno visionaria e descrittiva, amalgamate e filtrate dalla stessa malinconia.

Piano elettrico per Omid, chitarra per Alberto, basso per Roberta, Luca sempre un metro dietro tutti; Nuova Luce e il contaminato afflato prog di Lui Gareggia si rivelano utili per preparare il terreno a Caños, primo atteso estratto dall'ottimo REQUIEM, accolta da un boato liberatorio presto incanalato nel prevedibile coro che l'accompagna. Anche Logorrea procede rock e cattiva in questa direzione, metà esatta della setlist odierna di un impressionante concerto che si sta rivelando minuto dopo minuto, canzone dopo canzone, un autentico successo, tra schiaffi psichedelici, gusto per le sfuriate soniche e costruzioni melodiche sempre precise e di forte impatto. Ottimo l'audio, gestito dal fido Brujo in cabina di regia, coinvolgenti le canzoni proposte. Il killer riff di Muori Delay, seppur leggermente anticipato rispetto alla sezione ritmica, è l'ennesimo momento di esaltazione collettiva, nel parterre ovviamente, ma pure sul palco; Alberto e Roberta letteralmente scatenati con in mano i propri strumenti "naturali" trovano in Luca l'aggressiva e naturale controparte, perennemente intenta a schiantare tamburi e grancassa. Altri due momenti di diversa natura tratti da WOW: la pastorale Tu E Me viene eseguita all'acustica con i suoi tanti rimandi ad atmosfere care a John Paul Jones poi il drumming serrato di Canzone Ostinata rilancia un rock psichedelico che non disdegna di omaggiare nell'uso della voce i Beach Boys di Brian Wilson. Da qui in poi, fatta eccezione per È Solo Lunedì che deve ancora assurgere a quel ruolo avendone tranquillamente le caratteristiche, è una sequenza di hit (sì, perché anche il rock di questo scorcio di millennio ne ha!) ed entusiasmanti nuove proposte, immediate ed orecchiabili pur non poggiando sulla classica alternanza strofa-ritornello.

Si parte con il giorno delle streghe di Angie, incontriamo Razzi, Arpia, Inferno E Fiamme, meditiamo sull'ampio respiro della solare Scegli Me, osserviamo impazzire tutti quanti (pure i due Ferrari che, al termine del pezzo in questione, si manderanno per un istante a quel paese con la grazia che solo i fratelli possono avere) per la comparsata dello storico Valvonauta, veniamo travolti dal ruggito grunge della macchinosa Don Calisto e saltelliamo sospinti dall'accattivante ritmo british, con tanto di urletti wilsoniani, di Loniterp, cui si affiancano atmosfere ben più stranianti à-la, sì, a-là Verdena, marchio di fabbrica, che piaccia o no, ormai consolidato e DOCG. Ottima sequenza, non c'è che dire. La pausa a questo punto è doverosa. Ma non dobbiamo attendere molto affinché dal palco i quattro tornino a deliziare le centinaia di persone accorse (sì, è il buon Fabrizio Lavoro ad esserci passato davanti). È l'ultimo sforzo. Elefante è una mazzata; roboante, vorticosa e avvolgente, vede la band macinare ancora chilometri di decibel, triturarli e darli in pasto ai fan. Poi la quiete e un bel Sorriso In Spiaggia, anzi due, con un pianoforte molto Queen che consegna agli annali del MiAmi 85 minuti intensi, senza cali di tensione ed attenzione; volti stremati e felici ovunque, anche in pista con il dj set (... Mistero di Enrico Ruggeri!?!). La Musica è passata di qui. Il tour dei Verdena anche a casa vostra.

Andrea Barbaglia '11 

martedì 14 giugno 2011

12-06-2011
- MANZONI live @ Magnolia -
Segrate (MI)

C'era trepidazione per vedere una data live dei ManzOni. Centellinate e scelte come le parole e le musiche presenti sul loro disco d'esordio, le esibizioni del quintetto veneto sono tanto più rare al centro e al sud Italia per cui non ci lamentiamo se li ritroviamo in un pomeriggio di metà giugno all'interno del MiAmi, la kermesse ideata dallo staff di rockit.it e giunta felicemente al settimo anno, in un orario un pò infelice considerando che l'inizio della loro setlist è tassativamente programmato per le 17:00, non un minuto dopo, quando sotto al palco principale, battezzato proprio da loro nella giornata odierna, ancora non si vede nessuno. Neanche troppo spaesati i ManzOni occupano comunque tutto il Pertini, anche visivamente, schierando tre-chitarre-tre, una batteria e la voce nuda e cruda di Gigi Tenca. Attendono pochi istanti, non si guardano negli occhi, non si preoccupano di quanta gente accorrerà, lo vedi che sono concentrati e proprio per questo tradiscono un pò di nervosismo, forse. Sono tutte sensazioni che scorrono veloci nella mente di chi li sta osservando, poi una distorsione si staglia alta rompendo il silenzio, destandoci dai nostri pensieri e diffondendosi nell'aria, sirena meccanica proveniente dalla pedaliera di Ummer Freguia, a ruota seguita dalle minimali sperimentazioni sonore di Fiorenzo Fuolega.

L'attacco di Tenca ha in realtà fin da subito un approccio recitativo, scandito alla perfezione mentre racconta miserie e nobiltà di Mario, un inedito urgente, attuale e commovente, tanto più vivo perché riflesso della società odierna, sottolineato dalle note misurate della Telecaster di Carlo Trevisan e dalle spazzole di Emilio Veronese alla batteria qualche istante prima che la telecamera si sposti e si posi su un autunno Rosso di una piazza a Roma lasciando posto alla successiva deflagrazione delle sei corde. Applausi in tutto il parterre. Sì, perché qualche decina di persone è nel frattempo accorsa e se  utilizzare il verbo "accalcarsi" sarebbe quantomeno errato perché non corrisponderebbe alla realtà dei fatti, è pur vero che si ferma, drizza le antenne e ascolta. Non leviamo gli occhi dal palco e assistiamo allo scambio di strumenti tra Fuolega e Veronese per la successiva L'Astronave, dato che l'intercambiabilità dei ruoli è una peculiarità della band non solo in studio. I versi dell'inconsapevole istrione Tenca, che nei momenti strumentali del brano s'aggira irrequieto sul palco, pompando a mille l'energia rubata alla musica dei suoi compagni, sono un'altra rasoiata carica di poesia e polvere da sparo. Basta poco per l'innesto.

La straordinaria Cosa Ci Sarà è il centro della performance manzOniana. Immagini concrete su loop ciondolanti si succedono nel racconto del frontman veneto che, abbandonato il leggio, pare vivere sulla propria pelle le emozioni provocate dalle sue stesse parole, immedesimandosi in esse, facendosi percorrere dal dubbio e lasciandosi percorrere da un fremito di titanismo che affiora qua e là ogniqualvolta l'essere umano sa di scontrarsi contro l'ineluttabile. Nel crescendo delle chitarre risiede la tensione che ci conduce al penultimo brano del live e al terzo cambio di line up;
ora Fuolega torna all'elettrica, Veronese scivola all'acustica e Trevisan siede dietro le pelli. La scelta di affidarsi ai ricordi dell'amore perduto di Scappi è azzeccata: l'incanto amaro è interrotto solo dal passaggio di un aereo decollato pochi istanti prima dal vicino aeroporto di Linate quasi partecipasse attivamente alle dinamiche del racconto, colpo di (meta)teatro del tutto imprevisto. Sul palco si accendono le prime luci. Tu Sai. La tensione poetica, già di per sé palpitante, a questo punto aumenta, è fisicamente tangibile, si manifesta attraverso il corpo di Tenca, percosso e agitato dalle liriche sempre più devastanti nella loro disperata richiesta di aiuto. Sono le bordate soniche del duo Freguglia-Fuolega a dare continuità a questo male dentro. Infine si ode silenzio. Tenca, rivolto al pubblico già plaudente, esclama semplicemente "ManzOni". Pertini, alle spalle, guarda e approva.

Andrea Barbaglia '11

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lunedì 13 giugno 2011

12-06-2011
- SAKEE SED live @ Magnolia -
Segrate (MI)

Arriviamo al terzo giorno della settima edizione del MiAmi, una volta ancora allestito presso gli spazi esterni del Magnolia di Segrate, che sono da poco passate le 16:15; Marco Ghezzi e Gianluca Perucchini, titolari del duo bergamasco, coadiuvati anche quest'oggi dalla chitarra del tORQUEMADA Alfonso Surace e dal basso della Love In Elevator (no, niente Aerosmith; si cerchino riferimenti alle voci Love e 13th Floor Elevators piuttosto) Anna Carazzai, prendono posizione sul palco La Collinetta di Jack sotto gli occhi di qualche decina di spettatori. Ma hanno spianato la collina di fronte al palco, visto che pur stando in zona mixer pare di essere ben più vicino ai musicisti rispetto ad un anno fa? Mistero. "Ciao a tutti, noi siamo i Sakee Sed" e via, si parte con lo stordimento alcoolico e sbilenco di Vermouth And Baby che di lì a pochi minuti confluisce e si evolve in un altro pezzo a suo modo storico del duo bergamasco: dopo la bevuta di pochi istanti fa è infatti tempo di mettere qualcosa sotto i denti e Cenami Il Cefalo se culinariamente non è forse il massimo per lo stomaco è comunque specialità della casa per quanto riguarda le orecchie. Sul coinvolgente ritmo vaudevilliano del primo singolo tratto dall'esordio ALLE BASI DELLA RONCOLA, oltre alla mobilissima Anna, notiamo come l'attenzione delle prime file è decisamente buona e scorgiamo confusi tra la gente e un pò defilati sulla destra del palco innanzitutto i fratelli Ferrari, successivamente la signorina Sammarelli e, in ultimo, il loro collaboratore Omid Jazi.

Fin qui la prova dei loro amici è convincente, anche l'audio, che ha sempre penalizzato il secondo palco al Miami per le band più rumorose, quest'oggi è decisamente buono, permettendo di distinguere suoni e parole (ma allora, la collinetta è stata modificata oppure no?) senza grosse fatiche. I Sakee Sed decidono così di bagnare il felice evento con un inedito dall'inquetante titolo Tritolo che, tuttavia, si rivela una delicata ballata esistenziale dalle forti influenze psichedeliche innestate su un corpo melodico amante del walzer, seppur contaminato ripetutamente dal piano Rhodes di Ghezzi. Nell'aria c'è umidità, figuriamoci sul palco, per cui un goccio di birra tra lui e il sempre più barbuto Perucchini diventa obbligatorio, e per dissetarsi e per onorare il pezzo successivo che di lì a poco viene eseguito. Trattasi dell'attuale singolo in programmazione su... su... beh, da tempo ormai non si sa più bene su cosa un brano di una giovane band vada in programmazione, di certo non per radio o in tv; maggiore fortuna sta avendo nella Rete, per cui ci limitiamo a segnalare come la foga rock'n'roll di Bacco, brano di punta presente sull'omonimo ep e anticipo del futuro secondo album in dirittura d'arrivo, sia un ottimo biglietto da visita per chi ancora non conosce gli ex De Seekas e la loro Family allargata. Rullo di tamburi da parte di Perucchini e attacco in sincrono di chitarra, basso e piano. Semplice, essenziale eppure, o forse proprio per questo, dannatamente efficace.

In poco meno di quattro minuti le nostre teste e i nostri piedi non possono far altro che tenere il tempo, muovendosi sistematicamente sul brillante ritmo proposto. Nulla di davvero nuovo sotto il sole, eppure una volta ancora personale, unico e distinguibile dalla massa. E c'è pure un solo di chitarra ad opera di Surace. Bravi. La Gibson del tORQUEMADA è protagonista successivamente pure nel secondo fantomatico inedito della giornata intitolato Sta Piovendo, caracollante, ma potente ed aggressivo come mai prima d'ora i Sakee Sed si erano espressi. Per il finale il ventisettenne Ghezzi, sempre ingobbito sul suo strumento, propone un altro estratto da BACCO: l'interessante Repetita Iuvant, rock dall'atmosfera plumbea che affonda le radici negli anni '60 della West Coast, compatta il quartetto mentre vengono pronunciate liriche taglienti e la signorina Carazzai spinge sul suo basso con piglio da navigata professionista. Promossi, non c'è che dire. Per la verità, ci suggeriscono direttamente dalla cabina di regia, il pezzo conclusivo del loro set è la più compassata Tralalala, terzo estratto dall'ep di cui sopra, utile per raccogliere i meritati applausi; noi però abbiamo già abbandonato allora la zona mixer de La Collinetta (insomma, l'hanno modificata o no???) per correre sotto il palco Pertini e non perderci gli attesissimi ManzOni che di lì a poco saranno autori di una prova toccante e davvero maiuscola. Voi, cari Sakee Sed, siete sulla buona strada. Avanti così!

Andrea Barbaglia '11

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venerdì 10 giugno 2011

SOTTOTERRA
Serpenti
- Godz - 2009

Debutto ad alto voltaggio per il duo pugliese dei Serpenti, nuova realtà elettronica della Penisola che affonda le sue radici tra bit, synth e sensibilità pop. Non c'è quasi mai un attimo di respiro nelle dieci tracce che compongono il platter, ma piuttosto un costante dinamismo e un sound scatenato come può esserlo solo quello dei dancefloor. Prendiamo ad esempio Un Brivido, sicuramente tra i momenti migliori che si possano ascoltare nei 38 minuti di elettro dance proposti; su una base introduttiva ad opera dell'elaboratore sonoro Luca Serpenti e che nulla ha da invidiare ai ben più blasonati Chemical Brothers, si insinua la voce perfettamente pop di Clou, al secolo Gianclaudia Franchini, tesa ad assecondarne gli spasimi sintetici e le sinuose rotondità. Una ricetta simile è presente nell'altrettanto accattivante Libellula nella cui struttura è ravvisabile una spruzzata di rock che, contaminato dal groove e dal ritmo martellante, trascina nel vortice sonoro del duo. Addirittura una maggiore spinta in tal senso è presente nella chitarra di Baciami, altro esempio di commistione fra aspettative avviluppanti e asperità suonate, e nella ballad rock di Se Lasci Perdo, davvero affascinante nella sua semplicità grazie anche ad un dosaggio mirato delle programmazioni e mosca bianca proprio riguardo ritmi e suoni. L'altra musica che poggia più sulla canzone in sè e per sè anziché sul sound ricco e ipnotico è la conclusiva Da Sola la quale, vagamente, ricorda nell'interpretazione vocale quella Anni Luce presente nel secondo disco solista del sciùr Paolo Martella, ma di cui pensiamo i Nostri non siano venuti fino ad ora a conoscenza. Continuino le danze! È Sinuoso Vortice a rilanciare la festa mentre il corpo si arrende, si arrende, si arrende; e pare proprio di vedere questa pista da ballo piena di corpi sudati, sfiancati dai decibel, dal sound e dall'energia, che si muovono instancabili, snodati, plastici, fino al termine del dio suono. Diversa Da Me è un'altra dichiarazione di intenti gridata da Clou i cui testi, oltre a calzare metricamente sulle basi di Luca, esprimono parimenti un desiderio di emancipazione e di metamorfosi naturale. Si procede con Patinato, forse un pò monotona, ma sufficiente glamour e di facile presa su quanti si trovano ancora a ballare nei club, per di più riscattata dall'interessante Aria Nera e dal ritmo meccanico-metropolitano. Ultima, ma non ultima Irraggiugibile nulla toglie a quanto di buono sentito fino ad ora, piuttosto rilancia beffarda e maliziosa. Perfetto esempio di dance music in grado di coniugare commerciabilità non fine a sè stessa e istanze più indie e sotterranee, SOTTOTERRA riesce a porsi come valida alternativa, o meglio, come proposta ben riuscita da affiancarsi ad esempio ai migliori Subsonica, trampolino di lancio per future release sempre più variegate.    

mercoledì 8 giugno 2011

PINEDA

PINEDA
Pineda
- DeAmbula Records - 2011

In copertina nubi all'orizzonte. Nubi in continuo movimento. Instabili, minacciose. Foriere di pioggia? Può darsi. Eppure non sempre è un male in questi casi. La terra necessita acqua; per far germogliare, per contribuire alla vita. Così l'evaporazione del progetto Moltheni ha portato in dote un frutto nuovo, sintesi del lavoro operato nei mesi passati attraverso, continuando con la metafora agreste, la condensazione di tre elementi ben noti: Umberto Giardini, Marco Marzo Caracas e Floriano Bocchino. Il flusso della loro opera prima è tutto strumentale. 36 minuti abbondanti che solo per scelta non si sono duplicati o triplicati, ma sappiamo che all'occorrenza tutto potrebbe accadere. Calcolo e improvvisazione sono termini solo apparentemente in antitesi per brani come Give Me Some Well-Dressed Reason, cavalcata progressive ritmata tanto dalle tastiere di Bocchino quanto dalle chitarre del buon Caracas, mente della formazione, che aprono ad una parentesi più dolce solo verso il finale, oppure per la similare Touch Me. Il calcolo delle partiture, delle note sul pentagramma, ben si sposa infatti con le divagazioni proprie dell'improvvisazione che sappiamo essere parte integrante delle mirate apparizioni live del trio, solo per questioni logistiche accantonate in studio. Altri episodi aperti sono quindi l'ambient di If God Exist, He's In The Deep, quasi un unicum con la successiva Lost In Your Arms While Outside In All The World, It's Raining, di certo più sferragliante seppur sempre misurata, la quale inizialmente consente ai Nostri atmosfere blues su una base rarefatta e psichedelica che piacerebbe tanto ai Blonde Redhead quanto ai Mercury Rev, poi, nel crescendo tumultuoso e incessante, regala maggiore spessore ritmico e un dinamismo che il drumming serrato di Giardini canalizza in maniera semplice ed efficace. Dopo l'iniziale parentesi meditativa e sognante di Domino che tuttavia fa della profondità ritmica il suo credo, regalando nella seconda parte schitarrate hard e improvvisazioni di Rhodes care al giovane Manzarek di doorsiana memoria, ecco materializzarsi il rock ondulatorio di Human Behaviour e il gran space-finale affidato ad una Twelve Universe dal retrogusto jazzato. Registrato dal sempre preciso Antonio "Cooper" Cupertino presso le ormai storiche Officine Meccaniche di Mauro Pagani in quel di Milano, Pineda dimostra come la passione possa smuovere le stantie acque in cui è caduta la discografia nazionale. Vero che i riferimenti sonori da cui prende piede paiono arrivare solamente da Oltreoceano, ma piace appurare tanto su disco (sì, in attesa della futura uscita autunnale su cd, l'album è infatti rintracciabile solo su vinile) quanto on stage come l'unicità dei tre musicisti abbia le radici ben piantate in Italia. Pioverà? Speriamo, così da poterle irrorare dando loro quel nutrimento necessario per svilupparsi anche qui.

giovedì 2 giugno 2011

LA VIA DELLA SETA
Le Orme
- Love Music - 2011

8000 km separano il Mar Cinese Orientale dal Mediterraneo lungo quella che è stata ribattezzata dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen nel 1877 "via della seta", incrocio di passaggi e di commerci tra l'impero cinese  e l'Occidente. Di tutti i viaggi intrapresi nell'antichità lungo queste rotte quello a noi più familiare è senza dubbio l'unico affrontato da Marco Polo nel 1271 in compagnia  del padre Niccolò e dello zio Matteo con mèta finale il Catai di Kublai Khan e successivamente raccontato ne Il Milione. E un viaggio ha intrapreso pure Michi Dei Rossi, motore ritmico di quella band che sul finire  degli Anni '60 importò e sviluppò in Italia un genere che in terra d'Albione nasceva e si sviluppava in contemporanea. Di quelle Orme, tribunali permettendo, oggi è rimasto lui solo a portare avanti il marchio. Così, dopo una sofferta separazione dall'icona Aldo Tagliapietra, il tenace Michi decide di far quadrato con il fedele Michele Bon e il già prezioso collaboratore in sede live Fabio Trentini, ingaggiando per la nuova fase della band una voce altrettanto storica del prog come quella di Jimmy Spitaleri, già frontman dei Metamorfosi. E comincia a scrivere. In collaborazione con Guido Bellachioma, direttore artistico del progetto, si discute, si ragiona, si cerca così una storia da raccontare per realizzare un concept che sia degno della propria tradizione e della propria essenza musicale. Al quartetto base si affiancano per le musiche due giovani strumentisti, William Dotto alla chitarra e Federico Gava al piano e ai synth, e un paroliere per i testi, quel Maurizio Monti già accanto a Patty Pravo nella scrittura di brani storici come Pazza Idea, Morire Tra Le Viole e I Giardini Di Kensington, adattamento italiano de Walk On The Wild Side di Lou Reed. Una factory così allargata consente di sfruttare al meglio le peculiarità di ciascun componente "coniugando le proprie aspirazioni al plurale". La strumentale L'Alba Di Eurasia è perciò introdotta dal neofita Dotto, che ruba letteralmente la scena ai veterani grazie ai fraseggi in chordal tapping, mentre le tastiere si fanno strada a mò di tappeto ideale su cui poggiare la successiva Il Sogno Di Alessandro in cui è Bon a destreggiarsi tra hammond e synth. Spitaleri fa la sua comparsa in Verso Sud: il pianoforte iniziale cede pian piano il passo a tastiere sognanti per un brano dall'appeal pop e dall'ottimo solo di Dotto, non replicato tuttavia nella sua reprise che segue di lì a poco Mondi Che Si Cercano, composizione pagante pegno alla storica Una Carezza Nuova. Ritmi rock in Una Donna che fa del nervoso hammond di Michele Bon, una volta ancora sugli scudi, l'arma in più prima di confluire nella strumentale 29457, L'Asteroide Di Marco Polo. Uno scroscio d'acqua limpida e pura introduce Serinide, forse la migliore del lotto, con i suoi cambi di tempo mai troppo marcati eppure sempre funzionali. La terza prova vocale di Jimmy si ha con la pastorale Incontro Di Popoli che attraverso i suoi tempi medi ben rappresenta il confronto tra razze e religioni avvenuti nei secoli lungo la strada tra Oriente ed Occidente. L'ultimo quarto d'ora del cd è dedicato ad una sorta di mini suite composta dal trittico La Prima Melodia, Xi'an-Venezia-Roma e La Via Della Seta, sontuosa conclusione per un gran bell'album come da un pò non si sentiva in casa Orme, più per i suoni messi in campo che per i testi, in verità sempre molto curati e significativi. Che si tratti di una nuova band rispetto al passato lo afferma pure il vocalist Spitaleri; che ciò avvenga con questa Musica a 45 anni dalla sua fondazione beh, è tuttavia di buon auspicio per chiunque.

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