lunedì 7 novembre 2011

THE SPHINX
Sananda Maitreya
- Treehouse Publishing - 2011

Se c'è una cosa che non gli si può di certo rimproverare è la scarsa prolificità. Sananda Maitreya, tornato in studio a poco meno di un anno dal precedente NIGOR MORTIS che già poteva contare sulla bellezza di ventitre brani, nei successivi dodici mesi rilascia a scadenze pressoché regolari quattro capitoli di quello che ad inizio 2011 verrà raccolto e pubblicato, sempre sotto l'egida della propria etichetta discografica, con la definitiva dicitura THE SPHINX, impressionante (capo)lavoro musicale, altrettanto corposo e ricco, articolato in ben ventiquattro tracce inedite; addirittura venticinque, se consideriamo il Sananda's Requiem, inattesa bonus track nel caso si opti per l'acquisto in mp3 direttamente dal website personale del musicista. Ennesimo ritorno in grande stile per l'Artista newyorkese, ormai di stanza a Milano da all'incirca dieci anni, il nuovo cd del suo post millenium rock è un autentico, immaginifico concentrato di anima e chitarre, di groove e passionalità, su cui, come sempre, svetta la voce calda e graffiante del musicista che abbiamo imparato ad amare a metà anni '80, strumento tra gli strumenti, in grado di emozionare come e forse più di prima in questa sua seconda vita artistica. Sananda non vive sugli allori del passato. I bagliori rock presenti nelle coralità Seventies della litania soul Christine crescono sempre più nel corso degli oltre 70 minuti di grande Musica prodotta, sfociando tanto nella diretta I Saw Her, bagnata da un'interpretazione da brividi del Nostro che ritroveremo pure nella splendida If All I Do Is Cry, quanto nelle pieghe etniche dell'accattivante Azerbaijan. Polistrumentista lineare ed estremamente efficace, Maitreya guidato da una sensibilità superiore, passa con eleganza e disinvoltura unica dalle atmosfere sensuali di Euphoria all'ammaliante R&B casalingo di The Laughing Song; ci regala un prezioso esercizio di stile al grand piano nella Sananda's Variation On A Theme By Mozart prima di concederci il bis in Time Takes Time (Takes 2) e avventurarsi nella lennoniana Marry Me, intensa dichiarazione d'amore, frutto di una naturale predisposizione per le gioie della vita. What Baby Wants, sostenuto e cadenzato jazz funk davvero trascinante, è un altro picco del cd; i migliori soulmen del passato rivivono in I Never Know, cullandoci in un abbraccio senza tempo. La cooperiana The Quarterback Song e le intricate vocalità di The Ballad Of LeBron & Kobe non abbassano la guardia. C'è spazio per il divertissement di Eat My Thumbs, coi Led Zeppelin di Misty Mountain Hop ad incontrare idealmente Anthony Kiedis e i Red Hot Chili Peppers in completo acido. E ancora: l'iperattivo wah wah di The Blame, la ballad All The Way To Memphis, i ritmi sudamericani di King Of The Silver Medal, quelli psichedelico-magrebini di The Captain's Table, la ripetitività mantrica di Big Baby e This Far testimoniano come tutto giri per il verso giusto nello Zooathalon, perfino tra le pieghe amare, ma non prive di speranza, della conclusiva She's Sad. Determinato come Hendrix, spirituale come Santana, multiforme come Prince, Sananda, anno dopo anno, album dopo album, ridefinisce il suo ruolo di performer dentro e fuori quel music business da cui volontariamente si affrancò nel secolo scorso, ponendo al centro della propria opera unicamente la forza creatrice del suo ingegno, supportata dalle qualità indiscusse della voce, da sempre marchio di fabbrica. Prima di Lenny Kravitz, meglio di Seal, ben oltre Michael Jackson. THINK SPHINX!

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