domenica 18 marzo 2012

LA REPUBBLICA DEL SOLE
Ettore Giuradei
- Mizar Records - 2010

È al terzo lavoro in studio il bresciano Ettore Giuradei. Un cantautorato ben poco scontato il suo, con intuizioni neoclassiche che sono schegge di luce e lampi di visionarie realtà altre nel buio di esistenze personali dal carattere universale. Un artista che brucia, invaso dal fuoco sacro della poesia, cantore delle piccole cose, antico aedo italico dal timbro argentino, capace di tramutare storie comuni, anche di basso rango, in ammalianti racconti dal sapore mitico. E proprio ai grandi classici della letteratura antica sembra (in)cosapevolmente rivolgere lo sguardo nel suo continuo oscillare tra le parole. Ricercate, studiate, musicali. La dea dell'amore che balla ad occhi chiusi in Piedi Alati sintetizza la poetica di una nuova Il Cielo In Una Stanza orgiastica, su ritmi folk rock, picareschi e cantautorali. Eva è tra gli episodi più intensi e ricchi di pathos dell'intera carriera di Ettore, storia di amore e passione sottolineata dall'incessante crescendo jazzato, quasi apocalittico, del pianoforte al quale la bravura del fratello Marco consegna, qui come altrove, il ruolo di strumento principe. Essenziale è infatti il suo ruolo nella composizione della fiabesca malinconia de Il Vicino, nelle delicate trame sonore orchestrate presenti in Paese, amara rivendicazione dell'agire particolare contro l'omologazione immobile della perfezione, e nella bolla sognante de La Repubblica Del Sole, manifesto della poetica bucolica di Giuradei, tra speranza e utopia, in attesa della nuova età dell'oro. La nuova Arcadia vagheggiata da Virgilio e più indietro ancora, nella notte dei tempi, dagli antichi greci. Aleggia tutto questo e molto altro ancora nell'atteso sequel al buon ERA CHE COSÌ, uscito, esattamente come il suo predecessore, per la propria etichetta di produzione. In Strega le chitarre acustiche fanno da contraltare all'imperante pianoforte, modellante armonie e ricami, le stesse che scompaiono di fronte alla salutare tavola desertica imbandita dalla sferzante 4 Matrimoni, poetica soggettiva dalle tinte forti, preludio forse ad una futura strada sonora di cui sarà progenitrice. La quiete è solamente formale quando il cantautore si fa a suo modo politico in Sensazioni; un attimo di respiro prima di pagare il debito nei confronti di un Paolo Conte lanciato a tutto gas nelle pieghe, nelle corse, nelle accellerazioni vaudeville di Sbatton Le Finestre con cui Giuradei costruisce, assembla e consegna all'ascoltatore un fastoso gioiellino di raffinata carica rock. Si chiude con il divertissement di Macchinina Cocaina, breve valzerino in cui trovano spazio una manciata di fiati per nulla invasivi, ma capaci di dar ulteriore colore e calore ad un album davvero notevole per fluidità e capacità di farsi ascoltare con costanza anche a distanza di tempo. Il disco della consacrazione, dunque? Attenderei le prossime mosse dei fratelli Giuradei per gridarlo (con misura) al mondo. Del resto est modus in rebus.

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