domenica 25 marzo 2012


VIDOMÀR
Omar Pedrini
- Panorama - 2004

È il 1996, e i Timoria vengono acclamati da più parti per il buon successo commerciale e di critica del grintoso 2020 SPEEDBALL, in attesa di rientrare in studio per mettere a punto il potentissimo crossover dal respiro internazionale convogliato nel fiero ETA BETA. Omar Pedrini, mente pensante e braccio produttivo della band bresciana, decide di ritagliarsi tra un impegno e l'altro un ulteriore spazio per dare sfogo questa volta a pulsioni soliste sempre votate al rock certo, ma imbevute di jazz e poesia, fulcro e nucleo centrale del pregevole esperimento  musical-letterario andato sotto il nome di BEATNIK - IL RAGAZZO TATUATO DI BIRKINHEAD. Uno sfizio personale e nulla più. Di certo nessuna intenzione di abbandonare la band madre. Sarà piuttosto un contrariato Francesco Renga ("le canzoni dell'ultimo album può cantarle chiunque..." affermerà qualche tempo dopo) a fare le valigie e ad abbandonare la nave dopo il tour in supporto ad ETA BETA lasciando i compagni di mille avventure prima alla ricerca della quadratura del cerchio con 1999; poi a gioire per i trionfi raccolti dall'ottimo EL TOPO GRAND HOTEL. Ancora un ultimo album, che è pure colonna sonora per un film, e la decisione di congelare la band di Senza Vento e Sole Spento per cinque anni. Il 2003 è alle porte. Neanche dodici mesi dopo ed ecco che il nome di Omar Pedrini viene annunciato tra i ventidue partecipanti del 53° Festival di Sanremo. Carriera solista in vista dunque? O altro sfizio in attesa del disgelo? Il posizionamento finale per Lavoro Inutile non è certo dei più lusinghieri (è 15esima), ma in una kermesse ormai più televisiva che canora, capace di confinare al penultimo posto l'ottimo Pacifico, Pedrini brilla di luce propria andando a proporre una toccante ballad rock sul ruolo del musicista, fotografia  tout court tanto impietosa quanto reale della scarsa considerazione ricevuta da coloro i quali si impegnano, si allenano con costanza alla Bellezza, sistematicamente ignorati poi dalla società. Una riflessione che l'uomo Omar rivolge all'artista Pedrini per diffonderla poi all'esterno, urlo pacato, stimolo al ragionamento. Già nei Timoria si trovano momenti simili; qua però anche la musica aiuta a focalizzare la propria attenzione sui contenuti scritti. Una musica che affonda le proprie radici nel rock come di consueto, ma si lascia contaminare in maniera pronunciata da atmosfere jazzate, ritmiche funk e poesia blues grazie anche all'apporto di straordinari musicisti come, tra gli altri, Giorgio Cocilovo alla chitarra, Danilo Rea al pianoforte, Ellade Bandini e Franco Testa alla sezione ritmica. Ho Solo Un'Anima ci mette in guardia il primo brano del cd, eppure, è giusto sottolinearlo, decisamente sfaccettata: mistica in Govinda, riconoscente dei propri trascorsi ribelli (Lieve, Mare Blues, Quelli Come Me), proiettata al futuro (la fascinosa Da Qui). Corrono veloci sulla tastiera del pianoforte le dita di Luca Scarpa nella sognante Quasi Luna, si dà ampio spazio agli strumenti in Anima Blues, ripresa tra free jazz e fusion dell'opener Ho Solo Un'Anima in cui è il sax di Francesco Cafiso a farla da padrone; ci sia abbandona incuriositi all'autobiografico reading beat di Vidomàr. Un album che è amore. Amore per la Vita, per la Parola, per l'Arte. Da condividere con le persone più care, così com'è per sua natura: puro e gratuito. La Parte Migliore Di Me

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