lunedì 15 aprile 2013

ZOLLE

ZOLLE
Zolle
- Supernatural Cat - 2013

È una poderosa badilata in pieno viso il debutto degli Zolle. Secca. Diretta. Dolorosissima. Lo scapestrato duo lodigiano formato dal MoRkObOt Marcello Bellina, che ormai sembra averci preso gusto nel cimentarsi alla chitarra a fronte anche del recentissimo nuovo album partorito in casa Berlikete, e dal suo antico compagno di scorribande sonore nei Klown, di cui ci è dato sapere solo il nome di battesimo, Stefano, alla batteria e allo xilofono (divertente l'intermezzo di Trynchatowak), è un treno lanciato a folle velocità per le strade di South Park e l'iperspazio di Futurama a suon di stoner rock, lapidario e senza fronzoli. Completamente strumentale ZOLLE possiede una peculiarità: non stanca mai. Il perché è presto detto: la linearità dei singoli pezzi e la loro relativa brevità (solo la conclusiva Moongitruce, bislacca Dazed And Confused ri-zollata, coi suoi quasi 7 minuti e mezzo rifugge infatti da tutto questo) sembrano essere fatti apposta per un ascolto dinamico, ma anche pigramente distratto; un ascolto che richiede sì attenzione, ma che ugualmente presta il fianco a farsi rovente sottofondo tra una pennichella e l'altra. Meglio poi non scervellarsi troppo di fronte a titoli fonosimbolici come Weetellah, LeeQuame o Man Ja To Ya!. Come si può facilmente intuire l'immaginario coltivato è quello agricolo, quello della campagna italiana più verace e sanguigna, coi suoi profumi e i suoi odori, in cui tra forconi e zappe (Forko) ci si sporca le mani non solo con la terra (Heavy Letam); una realtà legata alle radici del duo, in cui le divinità pagane si mescolano con quelle fantastiche immaginate dalla mente di Bellina, il tutto vissuto con leggerezza e goliardia. Uno sberleffo. La scoppiettante Trakthor, oltre a fornire un esordio dinamico al disco, tradisce tutto questo, mescolando in allegria con una grintosa furia heavy la robustezza del mezzo agricolo alla possanza del dio del tuono. Suoni grossi dunque, compatti ed essenziali che uniti a limitate sovraincisioni realizzate presso il Mizkey Studio, dove l'album è stato registrato da Michelangelo Roberti, e a oculati interventi di fertilizzazione per mano dell'Ufomammut Urlo e del Quasiviri Roberto Rizzo diventano gli ingredienti salienti per l'allevamento di Mayale e la coltivazione di Melicow. Di certo non l'ambiente bucolico tratteggiato da Virgilio nelle sue egloghe; ma neppure quel terreno arido e incolto abbandonato a sé stesso che l'industrializzazione e l'inquinamento incivile hanno poco per volta sottratto all'uomo. Eppure di fronte a tutto questa operosità calda e viva, ascolto dopo ascolto, lentamente, affiora una velata componente si potrebbe dire orrorifica, da B-movie americano, percepita come substrato narrativo secondario, forse voluto, forse no. Un percorso che non stupirà i seguaci di Berlikete, non nuovo a queste visioni alternative di boogeyman e uomini neri ritratte con disinvoltura nelle sue stampe e nei suoi piccoli quadri, ma che certo sorprenderà chi dalla campagna si attendeva solo pace e tranquillità. Un ultimo sguardo alla cover dell'album e tutto si fa più chiaro.
 

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