martedì 14 ottobre 2014

SLOWFLASH

SLOWFLASH
Limes
- autoproduzione - 2014
 
Registrato, mixato e soprattutto arrangiato da quell'interessante Abba Zabba - al secolo Alessandro Giorgiutti - che avevamo avuto modo di scovare su qualche palco di provincia a ruota del bell'esordio cantautorale dell'astigiano Massimo Lepre a.k.a. Marrone Quando Fugge, SLOWFLASH è il primo album ufficiale dei triestini Limes dopo il piuttosto acerbo ep ESSENTIAL di qualche annetto fa. Nonostante la scelta di un nome così programmatico come quello preso in prestito dalla lingua latina non è musica di confine la loro; qui non troverete infatti oltraggiose strutture armoniche o arzigogolate variazioni strumentali che guardano alle avanguardie più spinte. Anche in campo semantico il ricorso al lessico inglese non è motivo per arditi voli pindarici e neppure occasione per imbastire innovative trame psicologiche, sceneggiature di storie inverosimili, pruriginose provocazioni. Più semplicemente, il percorso musicale del trio si assesta su un dignitoso rock - non privo di appeal - che guarda ai Coldplay come numi tutelari senza però rinnegare la forma canzone dei R.E.M. più commercialmente spigolosi (Path Of Mind) né tantomeno perdere in incisività quando le circostanze lo richiedono (The Ascent). Già la cadenzata intro strumentale Plume I, replicata in chiusura dalla gemella Plume II, circoscrive la traiettoria entro cui si compirà la parabola di questa prima prova sulla lunga distanza, dando ampio risalto alla compattezza delle ritmiche su cui poggiano chitarra elettrica e pianoforte. Intrigante fin dal principio, con una spiccata predilezione per tematiche esistenzialiste care a quella generazione di adulti di mezzo cui Mauro Mercandel, Piero Metullio e Matteo Bologna appartengono, SLOWFLASH ha una energia piuttosto contenuta e tempi di esposizione lunghi, metabolizzati principalmente dopo ripetuti ascolti, ma che nel contempo non perdono in spontaneità. La (speriamo) futura hit Pressure Variation sintetizza così una naturale irruenza pronta ad esplodere on stage e una introspettiva profondità di analisi brillantemente doppiata dall'abbandono sognante e nostalgico della delicata The Fall, omaggio al miglior brit pop d'annata. Se una collocazione geografica - apparentemente - marginale è in cerca di riscatto commerciale e necessita di maggiore esposizione quest'ultima andrà cercata tra le mura del punk funk Noise's Room o, all'opposto, nella melodia tout court della manieristica White, brillante racconto per chitarra acustica, pianoforte e voce dall'inaspettato crescendo orchestrale. Anche nell'alternanza chiaroscurale di Wood, premiata da buoni propositi e scattanti schitarrate, ma alla lunga penalizzata dalla mancanza di un ritornello vero e proprio, è evidente la crescita compositiva dei Limes rispetto al passato più prossimo. E dal momento che è un pezzo a tutta prima ostico e per nulla immediato come Tunng ad essere stato scelto come singolo apripista, si capisce come ai Nostri piaccia giocare con il fuoco e non temano il rischio. Guardiamo ad est con fiducia, dunque; tra realismo e astrazione. 

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