mercoledì 17 dicembre 2014

l'intervista

NEL CUORE DEL KAOS
 
Tra le proposte più avvincenti dell'ultimo anno solare i SYK sono la sfida all'ozio che ottenebra la mente e riduce all'immobilismo. Autore di un debut album come ATOMA che ha saputo catturare l'attenzione a livello europeo nell'ambito della musica estrema per le sue continue e intense contaminazioni sonore e metalinguistiche, l'attuale trio nato dalle ceneri dei devastanti Psychofagist e dall'incontro con la sperimentatrice vocale Dalila Kayros, è trampolino di lancio per un nuovo corso e la risposta concreta ad una domanda di ricerca e sperimentazione capace di andare al di là di ogni barriera di genere. A poco più di un anno esatto dallo scioglimento della precedente band abbiamo incontrato il poliedrico Stefano Ferrian per fare il punto della situazione. Quando il buio della notte è ormai alle spalle e l'alba di un nuovo giorno sta per sorgere.


Perché mai un appassionato di musica dovrebbe avvicinarsi ai SYK? Come si è originato il vostro connubio artistico? 
steF: Beh, diciamo che è una difficile questione per vari aspetti. Da un banale punto di vista biografico secondo me il progetto ha i presupposti per essere interessante. Dal punto di vista musicale col secondo disco si entrerà in toto nella vera visione della musica che questo trio può esprimere. ATOMA è stato il Big Bang al quale non può che susseguire un evoluzione, quindi sarei felice se le persone lo ascoltassero prima del nostro prossimo lavoro. Il nostro connubio artistico ha preso forma nell'ottobre 2013, in quello che è stato l'ultimo tour di quindici anni di Psychofagist e mentre Dalila Kayros ci faceva da opening band. Tra l'altro è stato un vero e proprio ciclo, anche perchè la seconda metà del tour è stata conclusa a Psychofagist ormai sciolti, quindi solo con il sottoscritto e Federico "DucaConte" alla batteria. L'occasione dunque ha creato il progetto perchè ricominciare con qualcosa di nuovo, insieme a Dalila e a un amico musicista come Federico con cui ho praticamente passato gli ultimi sei anni di vita girando mezzo mondo, è stata una nuova rinascita artistica. Forse un naturale rinnovamento per tutti, per ripensarsi con una musica differente dalla precedente offerta, ma comunque nostra al 100%.
 
Il vostro è, anagraficamente parlando, un gruppo sostanzialmente giovane eppure già alcuni cambi di organico ne hanno modificato l'assetto originario: quale credi sia l'attuale punto di forza della band?
steF: Allo stato attuale direi l'affiatamento dei membri del gruppo. Sembra un paradosso, ma è così anche se ci hanno già lasciato due persone per motivi personali - e seri - differenti. Quindi, al momento, abbiamo deciso che anche in tre possiamo andare avanti benissimo. Per il resto la forza è la voglia di fare musica anche se le prospettive ora sono differenti per me; l'incoscienza di fine anni '90 è andata, ma sono convinto ci siano ancora tante idee valide da mettere in gioco e l'esperienza fatta in tutti questi anni di lavoro non può che tornarci utile.
 
Parlando del vostro debut album, innanzitutto osserviamo che si è alla vigilia di un bel po' di date italiane a supporto di ATOMA: è difficile riprodurre on stage lo stesso suono stratificato del disco?
steF: Non voglio essere ipocrita e ti rispondo "sì". Questo perchè, non sapendo al tempo della fase compositiva del futuro abbandono di Luca (Pissavini - ndr) al basso, i brani si basano su riff poliritmici dove proprio il basso si va ad incastrare in maniere ben definite tra chitarra e batteria. Ergo, senza basso il risultato è diverso, ma secondo me comunque più diretto e in your face. Dal vivo poi i brani sono tendenzialmente più veloci e aggressivi. Forse il risultato è un po' diverso, ma personalmente credo anche inaspettatamente migliore.
 
 
Da un punto di vista musicale cosa volevate ottenere con questo primo lavoro? Nel suo inevitabile superamento della "formula" Psychofagist credi sia stato messo sempre tutto a fuoco?
steF: Ho vissuto il progetto come una nuova entità dall'inizio quindi nessun problema a cominciare qualcosa di nuovo con i SYK. Con musicisti differenti in gioco è inevitabile creare qualcosa di profondamente diverso, anche se in questo caso abbiamo cambiato solo un componente. Sicuramente ATOMA rimane il nostro primo album con tutti i pro e i contro di un primo disco. Probabilmente la vera messa a fuoco si farà col secondo, già in fase di lavorazione.

Possiamo considerarlo un concept album a tratti trasparente a tratti esoterico, quasi per iniziati?
steF: Non saprei sinceramente. Di sicuro è un disco musicalmente e liricamente complesso che ci è costato mesi di lavoro quotidiano. È lo specchio del periodo appena passato, fatto appunto di tante cose. Premesso che il fulcro di tutto per noi è sempre la musica, ciononostante l'aspetto concettuale del disco è denso di tanti argomenti. Come tutti i dischi può avere tanti livelli di approccio diversi. Si può ascoltare solo la musica o ci si può concentrare anche sul concept. La differenza è data dalla curiosità dell'ascoltatore in quel momento. In assoluto tuttavia non lo considero un album da iniziati: chiunque può ascoltare quello che facciamo e allo stesso tempo persone differenti trarranno concetti differenti. Non abbiamo intenzione di settorializzarci in qualche filone o ancor meno rientrare in qualche culto particolare. Siamo semplicemente persone curiose e gli interessi di tutti i membri contribuiscono al risultato finale. Per alcuni membri del gruppo il lato esoterico e paranormale della vita ha una sua importanza. Di Dio e Satana però non ce ne importa nulla; siamo persone pratiche e non diamo troppa corda a storielle trite, ritrite, modificate e corrette in mille modi diversi. Le religioni e le anti-religioni (che poi si rivelano essere l'altra faccia della stessa medaglia) non ci interessano se non dal punto di vista crudamente documentativo. Alla fine siamo ricercatori e ci approcciamo all'argomento senza troppe suggestioni o folklore. Ci teniamo che le persone si approccino al disco con la propria testa. Ancora meglio se tra le persone che lo ascolteranno ci saranno liberi pensatori, per quanto liberi si possa essere su questo pianeta ovviamente.
 
La scelta di una Babele linguistica è a mio avviso, seppur apparentemente ostica, un veicolo utilissimo e naturalmente condivisibile per trasmettere ricchezza di intenti e contenuti. Cosa ne pensi?
steF: Dal nostro punto di vista l'aspetto linguistico è stato veicolo per studiare, anche superficialmente, culture e civiltà lontane dalle nostre. Esperienza che sicuramente ci ha arricchito. Molto spesso Dalila lavora anche su testi basati su fonemi inventati da lei. In questo caso specifico ci si concentra sul suono e talvolta la suggestione che un fonema può creare, vista sotto quest'ottica la lingua offre infinite possibilità. Spesso la stesura di un testo basato su fonemi richiede il doppio del lavoro di un testo normale, ma apre un mondo molto più radicale e sanguigno. I testi ci sono costati sicuramente lo stesso impegno che ha richiesto l'aspetto musicale della composizione.


Quanto credi abbia influito la provenienza geografica della band sul mood di ATOMA o comunque su quello del prossimo album?
steF: Penso che inevitabilmente la provenienza geografica, ma più in particolare il contesto, influenzino il mood di una persona. Certo è che quando si pensa a un concept si deve però avere anche la capacità di estraniarsi in qualche modo dal contesto se si vuole davvero approfondire l'argomento. Durante la scrittura dei testi io e Dalila ci siamo praticamente immersi - su vari argomenti - sull'aspetto distopico della realtà. Questo sia in contesti reali che inventati; in fin dei conti la realtà di tutti i giorni vive di una discreta quantità di deformità e distopie. Quindi vanno bene i Sumeri, ma anche i romanzi della collana Urania, film e documentari sull'argomento, letture, ricerche linguistiche, ricerche astronomiche e di correnti fanatico-religiose, la teoria della terra concava...; insomma, una marea di informazioni digerite e poi rigurgitate in ATOMA dove, in qualche modo, abbiamo immaginato di scrivere la nostra storia per un romanzo dell'Urania. Tutto questo però, inevitabilmente, in un contesto ben preciso come quello in cui viviamo.
 
Italiani, ma con un occhio e due orecchie sull'Europa e sul mondo: quali sono le soddisfazioni che fino ad ora potete dire di aver avuto?
steF: Al momento di soddisfazioni così grosse non ne abbiamo avute nonostante tutto il lavoro fatto, ma...chi lo sa?! Nel mio piccolo mi ritengo fortunato di aver girato Europa, Russia, Siberia e Israele con svariati progetti e in contesti molto diversi. Quello che ti rimane da tutte queste esperienze è una visione più "globale" della vita e del mondo. Questa esperienza affrontata con occhio critico è stata preziosa e spesso diventa un handicap in conversazioni con gente che ha viaggiato qua e là, ma solo per turismo e che torna a casa più o meno con gli stereotipi con cui è partita. Quindi al momento la soddisfazione più grossa sta nel fatto di aver avuto l'occasione di vedere le differenze che convivono su questo pianeta. A volte è un'esperienza che ti arricchisce, altre volte è avvilente. In entrambi i casi utile a farsi un'idea propria di quello che ci circonda. Inutile poi essere ipocriti: le differenze ci sono e non sempre sono belle. Un'altra bella soddisfazione è stata invece essere contattati di persona da un personaggio come Phil Anselmo per entrare a far parte della sua etichetta HouseCore Records. Ovviamente al momento pensavamo fosse un mezzo scherzo ma quest'estate siamo andati ad incontrarlo vicino ad Udine a un concerto dei Down e ci siamo dovuti ricredere. È stato assurdo vederlo cantare i nostri pezzi nel backstage parola per parola e ancora più assurda è stata la sua proposta di fare una jam insieme alla fine del suo concerto. Sicuramente una bella soddisfazione e speriamo di poter fare bene nel futuro grazie a questa inaspettata collaborazione.

Anselmo ha speso ottime parole su di voi, ma pure la carta stampata e gli spazi virtuali che la rete offre sono stati sostanzialmente concordi nel premiare il vostro lavoro. Sentite una sorta di pressione (anche positiva) nella scrittura del nuovo album? Quali aspettative nutrite in proposito?
steF: Non so se posso parlare a nome di tutti, ma personalmente non sto soffrendo la pressione del secondo disco. In fin dei conti non abbiamo grandi cose da perdere al momento, anzi al massimo potrebbero solo migliorare. Da parte nostra ci metteremo come al solito tutto noi stessi. Del resto parlando dei SYK penso sia più facile fare il secondo album; in generale, le uscite discografiche dei singoli membri della band sono infatti abbastanza numerose. Disco dopo disco, progetto dopo progetto l'esperienza aumenta e tutto ciò si riversa automaticamente in ciò che facciamo insieme. Sono convinto che con questo progetto si possano fare davvero belle cose in futuro.
 
 
Oggi la musica estrema è forse quella più aperta alle contaminazioni di genere e alla sperimentazione. Quale direzione stanno prendendo i nuovi pezzi?
steF: Il secondo album sarà decisamente più aggressivo di ATOMA. Non saprei dirti dove stiamo andando, ma sicuramente ci sono parecchie influenze estreme e molto sperimentali anche se idiomatiche. Posso anticipare che si tratterà di un disco mediamente veloce e nel complesso più pesante. Credo anche più complicato e ricco, ma contemporaneamente più in your face del suo predecessore.
 
Capitolo a parte merita Dalila Kayros: con quanta naturalezza si è inserita nell'organico del gruppo?
steF: Come ho accennato prima, il tutto è avvenuto abbastanza naturalmente. Sicuramente le prospettive di un nuovo progetto insieme si erano già palesate nell'ultimo tour degli Psychofagist, dove appunto Dalila faceva da supporto. Ancora prima di quello l'avevo contattata per occuparsi delle parti vocali del terzo disco del mio personale progetto dE-NOIZE, condiviso con Carlo Garof e Antonio Bertoni dei Tongs, purtroppo ancora in attesa di pubblicazione. In quell'occasione avevo avuto modo di misurarne il talento e la professionalità con cui si approccia alla voce. Dal punto di vista umano ci siamo trovati subito bene, dato non scontato quando si tratta di inserire qualcuno di nuovo in un gruppo dove due elementi hanno già condiviso svariate esperienze insieme. Personalmente SYK al momento è un po' un'altra famiglia per noi e speriamo che le cose mantengano questa piega a lungo.
 
Che significato ha per voi comunicare attraverso la musica? 
steF: Credo sia semplicemente un'esigenza, qualcosa che necessitiamo fare. Spesso la lingua è carente a rappresentare tutto quello che un essere umano può contenere e ancora più spesso è il primo veicolo per condizionare la mente delle persone. La musica è un mezzo di comunicazione più completo e se sfruttato bene può creare suggestioni profonde. Per noi la comunicazione è la prima cosa e in musica, come in letteratura, spesso pensi quello che sei in grado di dire e viceversa. Se il mondo fosse meno ignorante sicuramente riuscirebbe ad esprimere concetti e idee più profonde invece di unirsi a religioni o correnti di pensiero preconfezionate e distribuite su larga scala come fossero medicinali da banco.
 
Andrea Barbaglia '14

Nessun commento:

Posta un commento