venerdì 30 gennaio 2015

NILLA! VILLA!

NILLA! VILLA!
Matteo Toni
- Woodworm/La Fabbrica Etichetta Indipendente - 2014

Ormai è un marchio di fabbrica. Se passi per l'Emilia e ti imbatti nelle note di una Weissenborn o di una lap steel non puoi non pensare a Matteo Toni. Sempre smargiasso e intelligentemente guascone, il talentuoso musicista modenese si ripresenta con il compagno di mille battaglie Giulio Martinelli per il secondo album della sua/loro carriera dopo un fortunato tour passato su e giù per l'Italia a presentare il precedente album SANTA PACE. Coerente con l'immagine che poco per volta va consolidando proprio in sede live, Toni oggi alza i volumi, abbandona il taglio maggiormente acustico che ne aveva contraddistinto anche l'ep d'esordio QUALCOSA NEL MIO PICCOLO e svolta, fissando su questo NILLA! VILLA! le peculiarità più rilevanti che lo hanno messo a nudo non solo sulla psichedelica copertina candy-stripes, ma soprattutto attraverso le nuove canzoni prodotte in collaborazione con Franco Fucili. Irruenza, melodia, riff taglienti e orecchiabilità procedono ormai imprescindibilmente di pari passo anche in sala di registrazione, alternando roboanti distorsioni blues rock dal vago retrogusto tex mex (Dammi Una Sigaretta) a sognanti momenti di quiete e relax (La Fine Del Mondo) come se il passo pigramente felpato con cui procediamo attraverso la caraibica Kebabellaria ci conducesse in realtà nelle sudate spirali della stupefacente Musica Porno, primo singolo dell'album, impreziosito peraltro dai fiati di gran classe di Roberto Mancini e Max Marmiroli. Un tuffo rigenerante dove l'acqua forse è più blu, ma necessariamente anche più profonda e inesplorata. Mentre infatti l'intesa dei musicisti cresce quasi fosse un generatore umano di corrente ad alto voltaggio che elettrifica l'aria - rivelando un approccio sempre più caldo e immediato, decisamente molto meno cantautorale rispetto al passato - il risultato che si ha è quello di un lavoro maturo, composito e coraggioso, come il disco di un veterano surf-rocker metropolitano non pago delle consuetudini a cui tutti sembrano invece volgere l'attenzione. L'assenza di un vero e proprio brano di punta quale poteva esser stata nel recente passato la scoppiettante Bruce Lee Vs Kareem Abul Jabbar non scalfisce l'amalgama dell'album, per questo motivo ben più omogeneo nelle sue sfaccettature rispetto a SANTA PACE. Così, se la sfrontatezza liberatoria e un po' flower power che si respira da queste parti trova accondiscendenza guascona in Caos Adoremus parimenti ci sono uno spazio e un tempo per una riflessione amara, per un inatteso tuffo nella guerra dei nostri giorni, in cui i ritratti quotidiani di Pietro E Maria assurgono al ruolo di comuni exempla universali della porta accanto. Qui emerge l'altro fattore chiave del cd: la nostalgia, quella per una gioventù ormai anagraficamente lontana (Squalo) eppure ancora viva e rimarcata senza il timore degli anni che passano; mai compromessa quando si divincola nelle disavventure amorose de Il Tempo Dei Morti Viventi; spensierata nelle elucubrazioni della title track; interrogatoria nel sign ☮ the times declinato in Credi Ancora Nel Grande Blu?. Non più solo sentimento di rimpianto e lontananza, ma strana sensazione di irrisolta continuità temporale che scava negli abissi dell'ascoltatore, travalicando generi e irradiandosi silenziosa. Un ulteriore spunto di riflessione, maestoso come una parete di roccia marina sommersa con cui fare i conti tra la via Emilia e il West.

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