giovedì 12 febbraio 2015

CADORI

CADORI
Cadori
- autoproduzione - 2014

Si respira una goccia di infinito nelle architetture pensili su cui poggiano le canzoni contenute in CADORI. Si ascolta l'eco di un tempo lontano sospeso tra passato indefinito e il libero flusso di coscienza che agita e permea la natura misteriosa dei sogni. È un cuore di ovatta, morbido, ma sintetico, delicato, libero da logiche commerciali o forzate forzature. Sono le costellazioni di Vasco Brondi messe a fuoco ad occhio nudo. Senza le propulsioni di Federico Dragogna e gli arzigogoli strumentali di session man validissimi, ma accessori, Cadori, al secolo Giacomo Giunchedi, dà infatti alle stampe il suo esordio solista, parallelo al percorso indietronico con i Torakiki e sequenziale a quello intrapreso nei panni di Ian Vincent, realizzando un fascinoso quadro musicato in cui chimica e analogica si confondono materialmente fino a fondersi in un magma senza dubbio fluido, ma parimenti destinato a resistere nel tempo. Basta davvero poco perché solidifichi. Una intuizione, un presagio, un traguardo, perfino una difficoltà: tutto ciò che possa portare ad uno stato di grazia interiore, solo in un secondo tempo esplicitato con suoni e parole. Così, molto semplicemente, alla luce della luna. Nella notte è il racconto di intere giornate, il salvataggio delle proprie idee, l'allerta affinché non vadano disperse nella confusione del giorno. Una decompressione densa, satura di emozioni, in un'atmosfera priva di veri sussulti, ma intrisa di corrispondenze e reciprocità. Un viaggio anedottico attraverso cui ci guidano perfino i titoli delle canzoni, capaci di esprimere nella loro (voluta?) concisione sensazioni e stati d'animo proposti come singoli fotogrammi di un più ampio percorso visivo e immaginifico. Un addestramento sentimentale che ha in sé la propria chiave di lettura, in grado di salvare dalla violenza delle superstizioni e dalle discriminazioni. È il lavoro dignitoso, ma mai troppo riconosciuto dalla società, di chi preferisce o è costretto a preferire l'incerto alla sicurezza della pianificazione, delle cose date una volta per tutte, specializzandosi direttamente sul campo e non in un asettico laboratorio tirocinante. È il metodo alternativo al sentire  comune che incontra ugualmente urgenze ed esigenze riuscendo nelle sue forme più alte a educare prima al pensiero poi all'atto pratico; un punto di vista sempre più rivoluzionario negli anni di frenesia che ci circondano e di cui siamo parte integrante. Del resto, gli aiuti diversamente proposti non sono poi così adeguatamente commisurati alle necessità attuali ragion per cui i passi più importanti per non venir travolti dall'impetuosità degli eventi è preferibile siano compiuti non nel più breve lasso di tempo possibile, ma dopo una più ampia e ponderata riflessione, necessitando di quella sedimentazione che proprio Giunchedi fissa oggi su disco. Con l'intenzione di non smettere e, qualora possibile, di scuotere le fondamenta di un isolamento indotto, dove l'emarginazione è la regola di vita e il disinteresse un vanto di cui fare sfoggio. Una iniziativa privata per un miglioramento pubblico. E cantava le canzoni...

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