mercoledì 27 novembre 2013

IŪS

IŪS
Enrico Ruggeri
- Neverlab Avant - 2013
 
A distanza di un anno, dopo la buona e intrigante prova di MUSTERI HINNA FÖLLNU STEINA, torna a farci visita il manipolatore di immagini sonore che risponde al nome di Enrico Ruggeri. Per i più distratti ricordiamo una volta ancora che non si tratta dell'omonimo rocker autore di successi riconosciuti come Il Portiere Di Notte e Peter Pan; ci troviamo bensì al cospetto dell'ex leader degli Hogwash, sperimentale formazione bergamasca dalle forti radici psichedeliche, titolare di un promettente quartetto di album rilasciati fra 1997 e 2006 che, esaurita la spinta propulsiva del proprio percorso, ha saputo rivivere in forme radicalmente differenti nell'opera strumentale del navigato musicista orobico. Senza più il contributo creativo dell'artista visuale Elio Rosolino Cassarà, trasferitosi pressoché stabilmente a Berlino all'indomani della pubblicazione del loro precedente sodalizio discografico, oggi Ruggeri dà alle stampe quello che potremmo definire il suo primo vero disco solista, un nuovo tuffo nell'incerto girovagare senza meta della mente, sospesi e fluttuanti nel buio atomico del Cosmo. IŪS infatti continua e amplia il discorso iniziato con MUSTERI HINNA FÖLLNU STEINA, introducendo qualche elemento di novità a livello strumentale, qualche leggera ritmica, qualche tocco di pianoforte, aprendo quello spiraglio di luce che diventa via di fuga (comunque sempre precaria) dall'oscurità del suono a cui eravamo stati abituati. Sempre impalpabile e stratificata nella sua apparente immobilità l'ambient music di Ruggeri si fa paradossalmente ancora più sperimentale. Ad aprire il nuovo capitolo è la già nota Adiosu, brano che nei mesi passati è andato a costituire, insieme ad alcune tracce del tempio delle pietre cadute, la colonna sonora dell'omonimo mediometraggio nato dall'esperienza formativa del collettivo Sardegna Abbandonata e realizzato da Martino Pinna. Il contrasto tra la percussiva ripetitività e il marziale crescendo elettronico che ne caratterizza lo sviluppo diventa scontro di suoni che si propagano sgomenti nell'aria, nel vuoto, in quelle frontiere di decadenza formatesi tra le pietre di ruderi abbandonati a sé e la terra arida, la quale, spaccata da un sole antico confinato nell'oblio del tempo, cede ben presto il passo alla polvere spazzata dal vento di Printania Dust. La rigorosa malinconia orchestrata dai macchinari sonori è solo in parte mitigata dalle inserzioni pianistiche che danno una breve parvenza di calore umano a questa estetica digitalizzata fatta di riverberi e vibrazioni; il magma sonoro delle successive Errore #11 ed Errore #12 cristallizza l'improvvisazione delle performance live che altrimenti andrebbe persa, irripetibile momento di circolarità e algida comunione, ora lineare, ora frastagliata. Lo spasimo contenuto, la necessità di non ripetersi sono peculiarità di Ruggeri la cui impronta stilistica nella conclusiva Succo, eterea e germinante, sembra per la prima volta caricarsi di una speranza rivolta al futuro, per un finale anticipatore di novità. Frammenti e cocci ricomposti per una fine che, come sempre, sarà un nuovo inizio. Sfumato. Ossessivo. Sperimentale. La musica dei non luoghi che prende dimora in mezzo a noi.

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